A proposito di alcune contraddizioni giovanili
Tutta la forza della
comunicazione, fosse quella di un film, sta proprio nella rottura di quelle che
sono le condizioni di base.
Ad esempio, un soggetto
cresciuto in periferia adotta un determinato comportamento, che corrisponde a quei parametri secondo cui si è formato. Se rapiscono una persona, questi
dovrebbe comportarsi come gli altri, perché è frutto dell’ambiente, invece
viene fuori il gesto di eleganza per il quale egli libera questa persona.
Questo gesto, che noi definiremmo nobiltà d’animo, non è frutto dell’ambiente e
ci testimonia che il comportamento di un soggetto non dipende solo
dal contesto in cui vive.
Rousseau aveva
capito che sono proprio le relazioni sociali a mettere su certe tipologie.
Se per esempio una ragazza si trovasse su
un’isola deserta e vedesse un solo ragazzo, non lo considererebbe né bello, né
brutto, sarebbe quello e basta perché non avrebbe a disposizione altri elementi
con cui confrontarlo.
Sono proprio i
valori sociali, oggi i valori mondiali, gli “idoli” a cui fare da riferimento.
Guarda caso però, quelli
che più paragonano, che sono vittime della società, sono quelli che dicono di non fare paragoni.
Quando le persone non sono arrivate a una maturità, siccome sono frutto dell’ambiente, recitano due tipologie e non si accorgono che vanno in contraddizione.
Claudia pone una domanda:
Ma allora sarebbe meglio
se non ci fosse una diversificazione e se esistesse un unico concetto di giusto
e di sbagliato?
Se fossimo tutti uguali,
non avendo diversificazioni, come potremmo per esempio innamorarci o stare
insieme ad uno anziché a un altro se non c’è alcuna differenza? Dovremmo dire
di stare insieme solo perché sentiamo di farlo, ma non potremmo innamorarci
sicuramente, perché non ci sono gli elementi da provocare un tale stato ovvero non si presenterebbero gli
argomenti per la scelta. Infatti se tutti fossero uguali sia anche nel comportamento, ci sarebbe l’uguaglianza totale e a questo punto perché scegliere una
persona piuttosto che un’altra, tenuto conto che non dovrebbero emergere nemmeno i riferimenti fisici?
Non si può quindi non rispondere
alla domanda se non con un’altra domanda.
Possiamo augurarci dunque di avere tutti la giustizia, ma di fronte alla sensibilità non possiamo dire lo
stesso. Per questa infatti dobbiamo solo auspicare di avvertire l'altro soggetto, ma in che termini possiamo inserirlo nella sua interezza? Ovvero ancora potremmo innamorarci di tutti?
E ancora perché, per esempio, una persona considerata brutta se è meno sensibile dovrebbe soffrire di meno? O ancora al contrario una persona tenuta per bella e non sensibile apporterebbe "danni"? Perciò
dovremmo solamente augurarci che bellezza e sensibilità coesistano nella stessa
persona, ma ciò non si verifica sempre.Dobbiamo augurarci allora che gli elementi che non riusciamo a fare scomparire perché la società di massa costantemente impone siano quanto meno smussati, ma soprattutto recepiti in una sensibilità nella quale gli altri possano risultare inseriti.
Lasciamo spazio ad una riflessione/discussione filosofica in
merito:
Prof.: Sarebbe meglio vivere in una società di sensibili o di
insensibili?
Silvia:
Sicuramente di insensibili…
Prof.:
... però anche tu dovresti essere insensibile. Ma allora su cosa fonderesti il
tuo piacere, il tuo essere? Nell’appagamento forse?
Silvia:
E se uno fosse sensibile e insensibile a livello parziale?
Prof.:
La situazione si complica, anziché semplificarsi, perché la parte sensibile e
quella insensibile si dovrebbero poi incontrare o più spesso finirebbero per scontrarsi, producendo problematiche di vario tipo.
Partiamo da un esempio famoso: si racconta che una
modella abbia incontrato Einstein proponendogli di avere un bambino con lui, in modo
tale da dare alla luce un figlio bello come lei e intelligente come lui. A
questa proposta Einstein rispose che nel peggiore dei due casi, il nascituro
sarebbe potuto essere anche bello come lui e intelligente come lei.
Anna Chiara Benedetto, II C.
da una lezione del prof. Addona