Anche la matematica, ritenuta dai
Greci una scienza da potere essere insegnata, arrivò, almeno con Sesto
Empirico, ad essere messa in dubbio. La scienza, fondata come è sull’induzione
e sulla deduzione, arrivava a fare leva sul concetto di causa che però quello
reputava non potersi applicare.
Proviamo ad addentrarsi in un tale problema: Appena
affermiamo qualcosa, leghiamo qualcosa a qualcos’altro. Si tratta di
considerare l’enunciato. Bisogna rilevare il legame presente nell’enunciato. Bisogna
“dimostrare” che Socrate è un animale razionale. Tenuto conto che si è
pervenuti a tanto considerando Socrate uomo, l’indagine non può non interessare
la premessa e quindi l’inserimento del termine in questa. Uno stesso problema
appare investire sia la costruzione della premessa che comunque non può
contemplare tutti i casi così come pure espresso dal funtore universale e sia
la sussunzione. Quali infatti gli elementi per ritenere che Socrate è uomo?
Quelli osservati e accomunati sotto un concetto da cui una specie? Si tratta
comunque di rilevazioni e di accostamenti ancorché una tale visione sia frutto
piuttosto dell’era moderna anche se una tale problematica non era sfuggita alla
stessa antichità. A risultare applicata a un rapporto, in ogni caso ritenuto, è
altresì una causa la quale non riesce a trovare una via per risultare
legittimata.
Costruire dunque una induzione e
legare, quindi, termini implica una operazione che chiede di essere
giustificata. Il legame, in ogni caso, non è intrinseco. Già rispondere alla
domanda: “cos’è un ragazzo?” implica un mettere insieme caratteristiche con le
quali non si perviene ad una sostanza fatto questo ampiamente constatato da
Aristotele.
Cogliere una causa significherebbe
rilevarla in atto, fatto questo che non appare possibile per il fatto stesso
che un effetto è ritenuto conseguire e recepito dunque fino però solo ad essere
accostato. Un tal discorso porterà avanti emblematicamente Hume. Se in atto è
essa causa, proprio per questo non può nello stesso tempo risultare l’effetto;
ove tanto si desse ad emergere sarebbe esso insieme e colto unitamente a tutto
quanto si dispiega neutralizzando esso tempo con quanto ritenuto da questo
dipendere così come portato nella sua concretezza. Quando, altresì, a
dispiegarsi è l’effetto non c’è più la causa. I due elementi restano esterni. Come
si possono collegare, dunque, causa ed effetto? Non risulta possibile non
potendosi dispiegare così come emerso. Eppure essa causa appare continuamente
usata anche in scienza. Tanto in primo luogo sembra avere aperto la porta a
quello scetticismo.
Applichiamo ora un discorso simile
agli elementi ritenuti fare da principio e ad una deità. Se tutto quello che
c’è deriva da acqua, aria, terra e fuoco, e se c’è un dio o quelli derivano da
questo o il contrario. Del principio non può darsi dimostrazione alcuna, fatto
questo che Aristotele aveva fatto emergere, non essendoci altro sul quale
potere fare leva per la derivazione. Ad una dicotomia si perviene altresì non
appena si vogliano ammettere più principi i quali, in quanto tali, si escludono
a vicenda, non potendo appunto uno rientrare nell’altro.
Allora che a essere ammessi sono
elementi diversi, più specificamente, incompatibili per nature assunte, quali
un umano ed un divino a necessitare sono due piani così che i termini non
pervengano a contraddizione. Se ci fosse un dio e vivesse nel mondo constatato,
dovrebbe essere rilevato con gli stessi strumenti rappresentati dai sensi.
Anche quello, così quale corpo, dovrebbe avere sensazioni e provare, quindi,
piaceri e dolori. Se risultasse interessata da piaceri e dolori non si
differenzierebbe dagli altri corpi animati e quindi non sarebbe più un dio. Se
coraggioso, come da presupporre, dovrebbe avvertire anche la paura. Di un
principio, dunque, nulla può dirsi potendo valere sia una considerazione che il
suo opposto come Kant farà emergere a proposito della dialettica
trascendentale. Se non alcunché, dunque, può essere sicuro, pure muovendo dalle
condizioni del soggetto appare possibile ritenere per queste quel qualcosa con
una validità da tanto derivante e che arriva ad essere supportata empiricamente
da un esterno che è visto avvalorare o negare quanto scientificamente prodotto.
Articolo stilato da Francesco
D’Andrea, I C da una lezione del prof. Addona