ESPERIENZA, ARTE-SCIENZA
Aristotele
si sofferma su arte e scienza, e osserva come solo quella conoscenza che è in
grado di andare al di là del particolare e dell’enumerazione dei singoli dati
concreti, sia in grado di fornire la spiegazione sul “perché” delle cose e, quindi,
come solo la filosofia possa definirsi scienza della verità. Alla base di tutto
però ci deve essere l’esperienza, che deve formare un giudizio che possa essere
valido per tutti quanti i casi simili. Proponendo qualche esempio, Aristotele
si rifà all’arte medica: l’infermiere infatti può superare il medico pur non
conoscendo la logica generale con la quale interviene nel curare un malato, ma
non considerando la casistica generale non può allargare il discorso e si
fermerà alla singola esperienza che però non è applicata a tutti i casi. Quindi
ad esempio un medicinale se somministrato da un non professionista può ben
risolvere il problema anche molto in fretta ma solo perché, magari, il cuore o
altri organi hanno retto. Non è stato tenuto conto infatti delle
controindicazioni ovverosia del contesto generale. Emerge dunque come l’arte da
Aristotele individuata come conoscenza universale può essere intesa quale oggi
la scienza. Se si preferisce chi conosce la teoria a colui che porta avanti una
pratica pure bisogna considerare i particolari. Di tanto dovrebbe tenere conto
la scuola. Laddove si studia solo la teoria si va incontro a siffatti
inconvenienti. Similmente coloro che si dedicassero solo ad una pratica
perderebbero di vista il discorso generale dalla scienza portata avanti e che
rappresenta la conoscenza per eccellenza da auspicare è allora il legame tra
teoria e pratica. Solo la prima, infatti, fa conoscere la causa, quindi il
perché delle cose, e se non la conoscessimo diventerebbe tecnica che
rappresenta la brutta copia dell’esperienza. L’insegnante deve far capire non i
fatti, ma come essi sono avvenuti evitando l’uso di molti esempi. Come sostiene
Kant infatti, quando qualcuno, spiegando, è costretto a fare molti esempi uccide
la teoria. Dunque coloro che posseggono l’arte, ovvero la scienza, sono capaci
di insegnare, mentre i cosiddetti “empirici” non sono in grado. Una domanda da
farsi allora sarà: “quanti empirici ci saranno in giro?”
Raffaele
Gambarota IC
Eugenio Tiso
IC
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