"Non è più rispetto all'infinito
una parasanga, uno stadio o un palmo". Ci troviamo di fronte a un passo i
cui termini sono da individuare, risultando per noi tutti quali incognite. Al
di là di esso “infinito” ritenuto quale appunto un estendersi senza limiti,
ovverosia non finito, proviamo a dare una consistenza al palmo che potrebbe
risultare di circa 25 o meno dopo una media tra le mani da ritenersi maschili
soprattutto in un tale contesto prestare alle rilevazioni dei lavori campestri
quando non alla guerra. Non si tratta qui, comunque, di pervenire ad una
individuazione di esso palmo così come magari storicamente venuta a
concretizzarsi nonché in varie aree geografiche. Traducendo cosi il primo
termine non noto in uno noto, giungiamo ad attribuire propriamente una misura a
quella "X". Potremmo, applicando
lo stesso criterio precedente, reputare altresì uno stadio di 100 m o anche di
200 in base alle nostre conoscenze a cominciare da quelle classiche. Come faremo
a conoscere la misura della parasanga, che identifichiamo come terzo termine
non noto indicato magari con “z” e per il quale non abbiamo elementi con i
quali pervenire ad una sua identificazione? A essere data è una relazione. Ove
fosse lineare essa parasanga dovrebbe risultare di tanto più grande di quanto
lo sia esso stadio rispetto al palmo. A valere potrebbe essere una progressione
diversa così come pensata dall’autore del testo e comunque tale da rendere essi
termini tutti rispetto ad un infinito minimali e quasi confondersi tra loro non
risultando rilevante quella differenza pure, per il resto, constatata
effettiva. Se consultassimo solo il vocabolario per conoscere il termine
ignoto, non perverremmo alla logica sulla quale il messaggio fa leva. La stessa
etimologia, che potrebbe, come spesso accade, sopperire non ci fornirebbe
quanto può emergere dalla relazione. Per la logica, invece, recuperata può
potenziarsi quello sviluppo che porta lo studente ad affrontare elementi non
noti in quale che sia l'ambito che si troverà ad affrontare. Questo è il lavoro
al quale deve indirizzare quella scuola che vuole porsi al di là di una
erudizione che già Cartesio aveva rilevato quasi inutile al punto da portarlo a
reimpostare l'intero discorso conoscitivo.
Non è poi così difficile filosofare, riuscendo ad ottenere anche risultati inaspettati, ti sembra?
venerdì 22 marzo 2019
A proposito del termine non noto: come recuperarlo dal contesto
venerdì 1 marzo 2019
IL RAGIONAMENTO IN NEGATIVO
Cosa significa ragionare in negativo?
Può tale modalità risultare vantaggiosa? Quando ci si accinge ad affrontare un
argomento sino ad allora ignoto, l’individuo è solito compararlo a conoscenze
già acquisite. La mente, che procede, dunque, col porsi domande alle quali risulta
impossibile rispondere, tenta, per risolvere il problema, di concretizzare una
tesi basata su elementi noti, opposti a quelli presenti nella questione in
esame. Ne emerge un’argomentazione contraria a ciò che si vuole delineare,
dalla quale consegue un ribaltamento dei termini analizzati, col fine di
pervenire significato dell’oggetto in esame aggirando l’ostacolo.
Emblematico, tuttavia, al riguardo,
risulta quell’impostazione incentrata su una sensibilità. Una persona che non
si preoccupasse di colui che si dispone di fronte rappresentando ciò solo un
fatto direbbe a chi avesse parcheggiato non secondo le norme una macchia
davanti al proprio garage: C’è un garage: Non può parcheggiare. Configurazione
questa che possiamo ritenere “in positivo” Posto un fatto a conseguirne sono
rilevamenti. Proviamo ad analizzare
quest’altra situazione: Un’altra persona vede la macchina parcheggiata che similmente
ostruisce la porta del proprio garage. Guarda, osserva, magari sbuffa e si
chiede come mai. Pensa che magari sia capitato inconveniente da ritenere una
tantum. Allora che un tale fatto si ripeta comincia a preoccuparsi eppure
aspetta che una risoluzione di produca. Dopo il ripetersi di un tale evento
prorompe magari dicendo: Vorrei che tenesse conto che c’è un garage! Con un
tale atteggiamento si affida alla sensibilità e alla ragione dell’altro. A
essere posto in essere in questo caso è una considerazione in negativo. A non
risultare espresso è alcunché poiché a essere richiamato è l’altro in quella
che è ritenuta una universalità nella quale non appare possibile non potersi
incontrare. Con il negare quanto non può essere mantenuto costui fa appello a
quella sensibilità e ragione universali nelle quali appunto riconoscersi così
come portatrici di un essere.
Francesco D’Andrea e Chiara De Mizio,
III C, da una lezione del prof. Addona