Cosa significa ragionare in negativo?
Può tale modalità risultare vantaggiosa? Quando ci si accinge ad affrontare un
argomento sino ad allora ignoto, l’individuo è solito compararlo a conoscenze
già acquisite. La mente, che procede, dunque, col porsi domande alle quali risulta
impossibile rispondere, tenta, per risolvere il problema, di concretizzare una
tesi basata su elementi noti, opposti a quelli presenti nella questione in
esame. Ne emerge un’argomentazione contraria a ciò che si vuole delineare,
dalla quale consegue un ribaltamento dei termini analizzati, col fine di
pervenire significato dell’oggetto in esame aggirando l’ostacolo.
Emblematico, tuttavia, al riguardo,
risulta quell’impostazione incentrata su una sensibilità. Una persona che non
si preoccupasse di colui che si dispone di fronte rappresentando ciò solo un
fatto direbbe a chi avesse parcheggiato non secondo le norme una macchia
davanti al proprio garage: C’è un garage: Non può parcheggiare. Configurazione
questa che possiamo ritenere “in positivo” Posto un fatto a conseguirne sono
rilevamenti. Proviamo ad analizzare
quest’altra situazione: Un’altra persona vede la macchina parcheggiata che similmente
ostruisce la porta del proprio garage. Guarda, osserva, magari sbuffa e si
chiede come mai. Pensa che magari sia capitato inconveniente da ritenere una
tantum. Allora che un tale fatto si ripeta comincia a preoccuparsi eppure
aspetta che una risoluzione di produca. Dopo il ripetersi di un tale evento
prorompe magari dicendo: Vorrei che tenesse conto che c’è un garage! Con un
tale atteggiamento si affida alla sensibilità e alla ragione dell’altro. A
essere posto in essere in questo caso è una considerazione in negativo. A non
risultare espresso è alcunché poiché a essere richiamato è l’altro in quella
che è ritenuta una universalità nella quale non appare possibile non potersi
incontrare. Con il negare quanto non può essere mantenuto costui fa appello a
quella sensibilità e ragione universali nelle quali appunto riconoscersi così
come portatrici di un essere.
Francesco D’Andrea e Chiara De Mizio,
III C, da una lezione del prof. Addona
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