Sembrerebbe che colui che compone non debba avere già
presente quanto, via via, giungerà a delinearsi. Solo esprimendo, infatti, la
sensibilità che arriva nei vari momenti a dispiegarsi pone in essere quel mondo
“composito”.
Quanto avvertito, tuttavia, ciascuna volta, come universale
pure arriva ad associarsi ulteriormente per costituire una dimensione nella
quale le stesse sensazioni arrivano a rappresentare elementi di un discorso
unico che si protende per poi chiudersi in quel mondo così come venuto a
delinearsi.
La differenza con una ragione, esprimente una universalità,
appare data dal fatto che questa non si lascia dietro termini poiché, non
appena in essere, si dispiegano come la realtà stessa di essa. Anche un tempo,
con quanto questo porta con sé, ovverosia con gli elementi che arrivano a fare
da base, risulta annullato in quel presente ritenuto universalmente valido. Ciò
stesso che prima risultava effettivo rientra per quel riconoscimento che,
specificamente, in quanto analitico, porta a risolvere quegli elementi, che
siano, altresì, recepiti o allontanati propriamente per il fatto di non trovare
posto in quella validità generale espressa. Non sono, in questo caso, dunque, i
passaggi a rappresentare una dimensione ma quanto arriva a essere individuato
in quei termini universali portanti per se stessi.
Essa non fa leva su elementi al punto da potersi proiettare
oltre come accade a una poetica. Giunge, infatti, a rappresentare un tutt’uno
fino a configurare essa realtà che, anche allora che risulti superata da altra
non va a fare da base ad una composizione poiché, per quella universalità che
possiamo ritenere in atto, quanto constatato non più effettivo scompare,
infatti, alla luce della nuova considerazione e ciò che invece tale risulta non
va a comporsi ma ad esprimersi interamente. Ciò che perviene a legarsi, perché incentrato
su una sensibilità, pure non può, dopo il dinamismo prodotto, che lasciare
spazio alla generalità e all’apertura che essa caratterizzano. Ove tanto non
accadesse quella non risulterebbe condizione e realtà ma si troverebbe a
dipendere da quanto fornito in una composizione. Questa, dunque, per esaltante
che possa risultare, per quello, appunto, che arriva a configurare e ad offrire,
non può sostituire essa universalità caratterizzante essa sensibilità. Questa,
richiamata e confluente nella dimensione che arriva a dispiegarsi, non perviene
ad essere bloccata, rappresentando una realtà universale che apertamente si
rivolge a tutto ciò che, in un modo quale che sia, giunge a rientrare. Non sono
diverse così, quanto ad effettività da essa sensibilità portata, una mirabile
composizione poetica o la notizia di un qualcosa che richiama una umanità in
termini ancora universali. Recepire una madre che si applica per il suo piccolo
fino a far diventare proprio uno stato che non appartiene più singolarmente ad
alcuno non muove meno di un accordo meraviglioso di note musicali o di iperboli
e contrappunti con aperture e chiusure nonché diversificate prodotte da un
sonetto. In un caso essa sensibilità appare “solo” richiamata e nell’altro
muoversi in quella che possiamo ritenere una autonomia pronta a dispiegarsi e a
recepire una universalità facendo propri i termini che arrivano a configurarsi
seguendoli propriamente in quel loro dinamismo che spesso giunge ad affascinare.
Proprio una tale sensibilità arriva a dispiegarsi nella sua consistenza a
prescindere da quanto organizzato o anche semplicemente fornito, differenza
questa per la quale risultano, da un lato l’arte classica e dall’altro quel
romanticismo ritenuto solo esprimere quanto di più alto e generale avvertito.
Essa sensibilità è vista, dunque, associarsi ma non per restare ancorché
partecipi al punto da sembrare di tenere interamente il campo. Accade a essa,
dopo la relazione per la quale si compenetra, quanto avviene alla ragione che
essa universalità immediatamente e senza frapposizione alcuna pone in essere.
Prima, infatti, di coniugarsi con essa sensibilità recepisce, così come
attività, quello stesso dispiegamento in essa dimensione che è arrivata a
prodursi e che si dice poetica. Avanti che tanto accada, dunque, la sensibilità
giunge a porre in essere essa realtà così come venuta a configurarsi e che, al
di là di una consapevolezza, che tuttavia si ritira, al momento, in disparte,
non appare lasciare spazio alcuno se non al rilevamento di elementi così come
venuti a comporsi fino a dispiegarsi in una unità che non considera né ammette
altro.
Essa, che recepisce, dunque, anche per un intelletto, il
quale interviene appunto per individuare o anche collocare ulteriormente i
termini così come proposti e che arriva a confluire nella dimensione prodotta,
fino a sentirsi parte integrante di quell’universalità, pure non si trova a
dipendere da tanto poiché è vista sottostare alla stessa poetica posta in
essere.
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