Le cavalle che mi trascinano, tanto
lungi, ma lontano da dove? Dal posto migliore dove era lui o al
contrario? quanto il mio animo lo poteva desiderare, ad emergere è la seconda ipotesi, incentrata da un desiderio che non
può spingere a a qualcosa di maggiormente appagante mi fecero arrivare,
poscia che le dee portarono sulla via molto celebrata che per ogni regione
guida l’uomo che sa se c’è una via
celebrata di chi sa, ce ne deve essere anche una non celebrata di chi, appunto,
non sa.
Là fui condotto: là infatti mi
portarono i molto saggi corsieri che trascinano il carro, e le fanciulle
mostrarono il cammino. L’ asse dei mozzi mandava un suono sibilante […] tutto
in fuoco (perché premuto da due rotanti cerchi da una parte e dall’altra) tanto sembrerebbe fare da corrispettivo a
quel qualcosa di desueto quasi a
rappresentare un’allegoria di quanto la mente umana si affatichi per seguire un
discorso complicato, allorché si slanciarono le fanciulle figlie del Sole,
lasciate le case della Notte, a spingere il carro verso la luce, levatisi dal
capo i veli negativi perché non ti consentono di vedere. A delinearsi nettamente oramai è quella dimensione, dalla luce
rappresentata, che consente di vedere e cogliere, infine, la verità.
Là è la porta che divide i sentieri
della Notte il non comprensibile e del Giorno il sapere vero […] Le fanciulle,
allora, rivolgendole discorsi insinuanti […] la convinsero accortamente a
togliere per loro la sbarra velocemente dalla porta. […] Sembrerebbe che un sapere non sia elargito semplicemente ma perché sia
elargito debba essere efficacemente supplicato.
[…] La dea mi accolse benevolmente, […]
e mi rivolse le seguenti parole: “O giovane, che insieme a immortali guidatrici
giungi alla nostra casa con le cavalle che ti portano, salute a te! […] Bisogna
che tu impari a conoscere ogni cosa […] Quanto
Parmenide reputa lo lascia affermare alla Dea, perché acquisti forse maggiore
credibilità. L’importanza di pervenire a quanto può essere recuperato non solo
tra le righe ma, come diceva un genitore abbastanza noto di un alunno del liceo
“Tasso” di Roma, attraverso i fogli e talvolta attraverso i muri appare
evidente e rappresenta la condizione per orientarsi soprattutto nella mole di
informazioni proiettate dai mezzi di comunicazione di massa. Si tratta in
ultimo di pervenire ad un qualcosa di verosimile e quindi di effettivo sul
quale fondare se stessi e il rapporto con altri.
DK 28 B 1, vv. 1-17, 20-32, trad. it.
Di P. Albertelli, ne “I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G.
Giannantoni, Laterza, Roma-Bari 1969
Articolo scritto da D’Andrea
Francesco, I C anno 2016-2017 da una lezione del prof. Addona.
Nessun commento:
Posta un commento