“Congiungimenti sono intero non
intero, concorde, discorde, armonico, disarmonico, e da tutte le cose l’uno e
dall’uno, tutte le cose.”
Da un tale
passo emerge che Eraclito era abbastanza oscuro. Tanto, probabilmente sia
perché in siffatti termini reputi costituita una realtà e sia perché magari una
tale espressione possa apparire alta o non offerta ad una massa o ancora possa
scioccare, stimolare, provocare. Da considerare, in primo luogo, è la
possibilità di individuare tali opposizioni. A dispiegarsi dovrebbe essere un
metasistema dall’uomo posto in essere. In caso diverso a presentarsi sarebbe il
problema costituito innanzitutto dalla comprensione dei vari termini in un tale
movimento di interscambio. Gli stessi congiungimenti appaiono presupporre ciò
che ciò che è separato e che però non resta tale né espresso in una sua
autonomia.
Ma dove si trovano questi opposti?
Nel logos, poiché rappresenta il tutto ed abbraccia sia intero che non intero?
In tal caso però a risultare sarebbero essi termini in continua trasformazione
ed un logos. Diverso il discorso allora che questi rappresentassero il logos
stesso.
Il logos
eracliteo sembrerebbe superare, per la generalità che arriva ad esprimere, lo
stesso numero come principio così come da Pitagora ritenuto. Al di là del
complesso rapporto tra il numero uno e gli altri nel loro insieme, nonché della
divisione tra il pari e il dispari il logos racchiude tutto e non ha bisogno di
recepire o produrre altro poiché esso nel suo insieme si presenta come realtà
senza che ad essere presupposto sia alcunché che debba fare da principio.
“L’opposto concorde e dai discordi
bellissima armonia …”
Anche il
rilevare una tale armonia appare necessitare di quanto un tale giudizio giunga
a consentire.
“Una e la
stessa è la via all’in su e la via all’in giù” […] Una tale
dimensione risulta completa e non necessitante di riferimenti. Nel logos
non esistono differenze al di là del fatto di portare armonia. Una tale
concezione era stata recuperata già da Pitagora il quale riteneva che la terra
non fosse sostenuta da nulla, non avendo modo di cadere da una parte meno che
da un’altra meno.
“Il mare è l’acqua più pura e più
impura …” Ancorché riportante esempi pratici, a non emergere in termini chiari
è proprio la “cosa” di cui sta parlando, per questo vale quanto già emerso ovvero
l’oscurità con la quale Eraclito si esprime.
“…Per i pesci essa è potabile e
conserva la loro vita, per gli uomini essa è imbevibile e esiziale” (dannosa,
mortale). A essere fornita, in questo caso è la spiegazione.
Ora citiamo il passo che tutti gli
studenti di liceo ricordano:
“Negli stessi
fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo …” A fare da riferimento a quello che si
presenta quale un movimento che si rivelerà come principio è il soggetto che
recepisce un tale scorrere. “Polemos
[la guerra] è padre di tutte le cose, di tutte re”. La mutazione arriva a
prendere corpo come guerra potenziando, dunque, il contrasto. […] “e gli uni svela come dei e gli altri
come uomini” ad emergere sono le conseguenze portata da un tale principio.
Se mettiamo un
piede in un fiume, scendiamo e però mentre mettiamo il piede, l’acqua scorre
quindi non scendiamo in quello che però, nel suo insieme, pure è considerato
fiume. Diverso il discorso per le acque. Sembrerebbe che a concretizzarsi, in
tal caso, sia quello che risulterà un artificio portato avanti dai Sofisti e da
Aristotele scoperto. Allora che un tale discorso riguardasse un lago dove
l’acqua sia ritenuta, almeno per convenzione, ferma di fronte ad uno scorrere
constatato interessare un fiume sembrerebbe potersi scendere, e però anche non
nel caso fossimo noi a trasformarci attraverso il processo della crescita o
dell’invecchiamento, oppure se la stessa acqua divenisse vapore. In ogni caso a
dispiegarsi non è un elemento definito, poiché tutto va a collegarsi con il suo
opposto esprimendo esso logos.
“… nello stesso fiume non è
possibile scendere due volte” Tanto perché sia l’acqua è passata e sia perché
noi non siamo più quelli di prima.
"Polemos è padre di tutte
le cose, di tutte re" Sembrerebbe che a subentrare per potenziare il
passaggio di essi contrari sia Polemos che però dobbiamo, per non recepire un
dualismo, intendere come motore di quel logos anzi quale potere con cui esso
logos si esprime.
"... e gli uni disvela come
dei e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi e gli altri liberi"
Il logos che
rappresenta il tutto pure, momentaneamente, sembrerebbe esprimersi o esprimere
elementi che arrivano a essere percepiti in tali termini ancorché non sottratti
al movimento che continuamente investe il tutto ovvero specificamente i
contrari da cui a derivare è essa armonia.
[…] “che tutto accade secondo contesa e
necessità” rappresentano queste, così come già prima Polemos modalità di esso
logos? In caso contrario a valere sarebbe il discorso sopra affrontato.
“Di questo logos che è sempre” un
tale insieme si presenta come principio e organico “gli uomini non hanno
intelligenza” si rivolge a tutti gli uomini o a tutti tranne che a lui o ad
altri pochi? Sembrerebbe che dovesse essere escluso lui che tanto conosce. Se
invece rientrasse, su quali basi potrebbe produrre una tale affermazione? “sia
prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato benché infatti tutte
le cose accadono secondo questo logos” il
logos si configura esplicitamente quale principio, “essi assomigliano a persone
inesperte, pur provandosi in parole e in opere tali quali sono quelle io spiego”
una delle ipotesi prodotte è stata confermata ovvero che lui fosse escluso dalla
restante parte degli uomini “distinguendo
secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è”. Un tale ordine risulta da
Eraclito affidato alla natura. “Ma
agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli”, da tanto emerge
ulteriormente il suo essere aristocratico. Una tale rilevazione risulta molto
diversa da una acquisizione meccanica derivante da una “introduzione”
all’autore che spesso diventa lo studio definitivo.
DK 22 B 1, trad. it. Di G. Giannantoni
Lezione del prof. Addona riportata
dagli alunni della IC
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