Ad una prima osservazione sembrerebbe
che quelli che fanno i bulli è perché non si sentono realizzati ovvero non
risultano appagati per un loro essere ma hanno bisogno di sentirsi importanti
confrontandosi con altri che arrivano ad affondare e ad offendere ovverosia, in
ultimo, ad oltraggiare. Chi infatti tende a cogliere un proprio essere ad
valutare altresì continuamente perché possa reggere rispetto alle
contraddizioni che, in caso contrario, pervengono ad annullarlo, non ha bisogno
di comportarsi in modo da oltraggiare gli altri né vale il riscontro fornito da
altri che arrivano ad inserirsi in quella tipologia. Costoro tutti insieme non
rappresentano né una validità né soprattutto quella generalità che può emergere
da una riflessione prima ancora che da una riconduzione per la quale a essere
trovata è l’universalità da una ragione rappresentata.
Chi bullizza, dunque, naviga nel
particolare incentrato su un Ego che tende ad espandersi e però addirittura in
negativo: costui non si preoccupa, infatti, di incrementare un proprio esistere
ma di abbassare e ergersi dunque su chi di fronte arriva a essere considerato
tanto inferiore fino a essere ritenuto un diverso sul quale ogni azione, anche
violenta, sia morale che materiale, è ritenuta possibile e forse anche dovuta.
Proprio la limitatezza in cui naviga lo porta a doversi sentire superiore in un
percorso né autonomo né appagato. Autonomia che non significa solipsismo poiché
a essere interessata è quella ragione che accomuna fino a prospettarsi come
avvertire umano, fatto questo, propriamente, attenere ad una sensibilità.
Tu dunque che aspiri a sentirti
superiore e ti impegni ad inventare nuove scene a partecipazione delle quali
chiami amici e conoscenti, significa che non ti riconosci in una dimensione
generale quale un soggetto tra gli altri soggetti. Hai bisogno di arrampicarti
sulla cavia di turno per sentirti diverso. Non al tuo buonismo ci rivolgiamo,
ma a una valutazione che tu possa portare avanti. Ove ti spingessi avanti con
una indagine potresti facilmente rilevare che a essere chiamati in causa sono
quantomeno due gruppi. Quello di coloro che vuoi affossare e quello costituito
da coloro ai quali ti rivolgi perché approvino o addirittura godano del tuo
operato che, dobbiamo ritenere, consideri, più che probabilmente, splendido e
tale da ottenere plausi.
Chi è appagato in se stesso non ha
bisogno di rifarsi su persone ritenute più deboli e che debbono fare da vittime
per la tua realizzazione che diventa ridicola appena a presentarsi è quella
consapevolezza, solo per la quale è possibile sperare in un’umanità effettiva
come riscontro per l’altro che è un altro se stesso. Tanto emerge in termini
scientifici nei quali speriamo di incontrare te insieme a tutti gli altri.
Mariagiulia Zitolo II C
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