Il diverso è ritenuto pericoloso,
poiché comportandosi in modo a noi non noto, risulta propriamente un’incognita
da cui un probabile pericolo. Il non conoscere, quindi, porta a ritenere quello
stesso un nemico. Da quanto non consueto ci si può aspettare che possa
derivare, infatti, qualsiasi cosa.
Prendiamo in esame l’arrivo di un
naufrago su un’isola. Costui quando non ritenuto un predone appariva comunque
necessitare di cibarsi e tanto non poteva avvenire che a spese del territorio
abitato. Il discorso si faceva più consistente se ad arrivare fosse stato un
gruppo nonché in possesso di alcune armi scampate alle peripezie. Il pericolo
veniva a essere rappresentato dalle forze in campo con quanto potessero predare
mettendo a rischio la vita stessa di alquanti abitanti. Ecco allora
l’importanza della presentazione e della richiesta di essere accolti non come
nemici ma uomini da ospitare. Ad intervenire, a questo punto, era la ritenzione
di tali elementi con le traduzioni del caso. Qualcuno poteva spacciarsi,
infatti, come re di qualche territorio lontano spinto, in quei luoghi, dai
flutti. Si trattava di scoprire i millantatori e valutare i vantaggi derivanti
da una tale ospitalità. Tanto ancora a prescindere da un discorso da una
umanità portato.
Affrontiamo ora il rapporto tra i
primi cristiani e gli altri cittadini dell’antica Roma. Quelli proprio riunendosi
nelle catacombe per organizzarsi destavano sospetti di muoversi diversamente. I
Romani pagani si chiedevano ovviamente se stessero per tramare qualcosa ai loro
danni, ritenendo magarsi che non vi fosse motivo di nascondersi, essendo liberi
di praticare la loro religione così come accadeva a tutte le altre tollerate a
Roma. Sarebbero stati considerati pericolosi per lo stato se non avessero
pagato i tributi o se avessero arrecato danno all’Impero. I Cristiani credevano
nell’uguaglianza essendo tutti figli di Dio ed aspettavano l’arrivo di quel
regno anche se Gesù aveva precisato che il suo fosse il regno dei cieli.
Proprio una tale Fede arrivava a dividere i valori di un mondo dall’altro.
I Cristiani allo spirituale associavano
il materiale. Non risultava, infatti, concepibile che gli uomini potessero
dividersi in padroni e schiavi. Proprio l’opposizione a esso stato, sulla schiavitù
incentrato, destava preoccupazione agli ottimati e a tutti coloro che avevano
da perdere da una scomparsa di quella.
Allora che si arrivava in uno Stato o
in una Regione per convertire le persone, chi tanto predicava veniva dichiarato
nemico da coloro che avevano da perdere da tali concezioni. Chi entra in uno
Stato senza documenti o permessi dovrebbe essere considerato similmente un
nemico? Dipende dai riferimenti. Se a essere considerata è la ricchezza
prodotta dai nuovi venuti questi sono accolti favorevolmente. Diversamente sono
visti da coloro ai quali si vedessero sottratto un lavoro o occupate da quelli
posizioni quali che possano risultare. Dato uno stato chiuso e con le sue
leggi, queste dovrebbero essere applicate fermando gli arrivi e tutelandosi,
quindi, da questi. Potrebbe accadere l’esatto contrario allora che queste
stesse prevedessero un ingresso magari sottoposto a talune disposizioni. Uno
Stato potrebbe andare a prelevare persone senza aspettare che rischiassero la vita
in mare per giungere sul territorio di quello. Si tratta di risalire a
motivazioni e condizioni tramite una indagine critica su una logica incentrata
fino a scoprire se una tale logica venga ad essere aggirata o semplicemente non
considerata.
La filosofia già dall’età classica,
quindi da duemila e cinquecento anni almeno, è riuscita a fare emergere la
figura dell’uomo, che per essa si connotasse, quale apolide. Per una tale
concezione risultava superato il confine netto rappresentato dalla compagine
statale solo nella quale si poteva sentirsi garantiti. Da esso stato infatti
dipendevano la vita e la stessa libertà. Fuori da esso non si poteva che essere
alla mercé di chiunque disponesse di una forza per imporsi fino a rendere
schiavi coloro che non potessero difendersi. Un posizionamento diverso non può
che risultare per una ragione nella quale ritrovarsi con quelli che cessano di
dispiegarsi per avvertire sensibili e in risposta ad istinti per esplicarsi per
essa universalità che non appare necessitare di confini e relative tutele
statali. Al di là di tanto a esprimersi sarebbe un esistente che non si
affiderebbe ad individuazione alcuna. Ciò non lo esimerebbe tuttavia dalle
relazioni che andassero a prodursi così come di fatto è visto accadere. Proprio
da tanto appare mergere la differenza di fondo tra una libertà filosoficamente ovvero
scientificamente riconosciuta ed una che non si connettesse a riferimento
alcuno, fatto questo che non porterebbe ad identificare quella ma a recepirla
come ogni altro elemento ancorché nel suo non sentirsi vincolata ad alcuno di
questi.
Oggi al posto dei vari gruppi rivali,
se non avversari o solo estranei, a presentarsi è l’uomo che tra l’altro è
tutelato da riconoscimenti e convenzioni internazionali almeno fino a quando
queste riescono a far sentire la loro voce. Si tratta, dunque, di superare le
antiche divisioni e di applicare la considerazione di soggetto facendola
combaciare con quella di cittadino. Un tale passaggio non può che risultare
ancora politico e, prima ancora, filosofico. Si tratta di far combaciare
mentalità scientifica, su una umanità incentrata, e potere. Ciascuno deve
chiedersi quanto è disposto a lasciare all’altro di fronte e quindi a colui che
arriva. Su cosa fondare il proprio essere allora che questo sia almeno
intravisto tra quanto richiesto dai vari impulsi.
Fino a che punto, in ultimo, si è
disposti a far partecipare gli altri del proprio stato e delle proprie sostanze
allora che ciò tenga il posto di quel soggetto che si constata parte dell’altro
in una umanità su una sensibilità incentrata e da una ragione riconosciuta?
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