CLASSE: I C
PROFESSORE: Giuseppe Addona
APPUNTI DI FILOSOFIA
15/09/2016
Perché prendere appunti?
Per poter ricomporre quanto emerso e
produrre su tanto le riflessioni.
Come procedere in una tale operazione?
Appuntare sembrerebbe indicare quel fissare,
per iscritto soprattutto, un minimo perché sia poi ricostruito quanto venuto
fuori da un incontro che possa essere rappresentato da lezioni, conferenze o
quanto altro. Va da sé che non è il caso di riportare quanto già presente in un
libro e soprattutto specificato nelle note. Appare funzionale dotarsi di
strumenti che possano permettere una registrazione nel minor tempo possibile. Una
penna, dunque, dall’inchiostro scorrevole nonché impugnata nella maniera più
funzionale: porre le dita quanto più possibile distanti dalla punta. Il
movimento prodotto in tali termini si amplia benché a risentirne sia la
precisione che in questo caso cede il posto al numero di elementi da rilevare e
in un tempo ridotto. Diverso il discorso per la bella copia dove a valere è,
appunto, il contrario: una penna con inchiostro che non macchi e le dita più
vicine alla punta per ottenere una maggiore precisione.
LO STUDIO
E’ importante concentrarsi al più
presto sugli argomenti affrontati in aula portando avanti correlazioni e
facendo leva su riferimenti fatto questo che equivale a dire porre in essere
una critica. Ove non si procedesse, giorno per giorno, in siffatte analisi ed
organizzazioni, facendo leva su appunti relazionati ai testi e individuando gli
elementi portanti al punto da porre in essere una organizzazione ancorché
aperta, fatto questo che significa comprendere un discorso nella sua generalità
recependone, appunto, i termini chiave ai quali correlare fatti specifici, ma
si studiasse in vista di una interrogazione accumulando materiale non
criticamente collocato si preverrebbe ad un nozionismo che anche a medio
termine scomparirebbe per lasciare il posto piuttosto ad un vuoto quando non ad
elementi sganciati e senza possibilità alcuna di essere ricondotti ovvero compresi,
fatto questo solo per il quale appare possibile parlare di cultura che
interviene non appena richiamata. Essa è infatti ritenuta come ciò che resta
dopo che si è dimenticato. Il professore Addona nel libro Una scuola per una cultura possibile, Bonanno editore fa presente
che è inutile far imparare argomenti che poi si dimenticheranno. Si
appesantisce infatti inutilmente la mente, la quale finiti gli studi scolastici
“resetta” tutto spazzando via quanto con molti sforzi inculcato.
FILOSOFIA
Si tratta ora di approcciarsi alla
Filosofia, avremmo potuto cominciare dal famoso “Che cos’è Filosofia?” Come
molti libri propongono o magari chiederci, come ancora avviene in molti
manuali, “Perché questo modo di approcciarsi al mondo sia nato in Grecia?”
Se è possibile capire abbastanza cosa
sia filosofia soltanto dopo un percorso perché da esso emerge il suo “essere”,
tuttavia possiamo avvicinarci ad essa partendo da fatti accaduti. Capire
significa comprendere il tutto;
Siamo partiti da un fatto:
“Hai mai giudicato un’amica?”
“Hai mai raccontato che lei si è comportata
male?”
A rispondere è una ragazza:
“Se dico che si è comportata male debbo
chiedermi a cosa risponde il mio giudizio.”
“Gli elementi espressi da lei coincidono con
quelli che io mi aspettavo?
Se quindi io sono rimasta male,
significa che quanto proposto è venuto ad urtare con le aspettative. Proviamo a
simbolizzare:
Con “C” intendiamo Comportamento;
Con “A” attesa;
Con “N” non;
Con “Ar” arrabbiatura;
Con “NA” non attesa;
C = A → N Ar
C = NA →Ar
N Ar → C A
Emerge quindi che noi ci arrabbiamo
quando il comportamento dal quale risultiamo interessati è diverso dalle nostre
aspettative e nel momento in cui lo comunichiamo reputiamo che queste
coincidano con coloro che ci ascoltano.
Stiamo filosofando! Ad emergere da un
tale discorso è già un significato di filosofia: ricondurre i termini a
qualcosa che possa sostenere quanto espresso.
Proviamo a chiedersi ora cosa
significa riflettere
Già attenendoci a quello che
possiamo recuperare dalla parola ri-flettere, oltre che dal latino, ad emergere
è un piegare all’indietro e procedere su tanto nuovamente.
Tanto significa che non bisogna
recepire un qualcosa che risulti espresso da una sola direzione ovvero così
come proposto e per le connotazioni che arriva da subito ad acquistare ma
recuperare anche quella “opposta”, rappresentata dalla via percorsa in senso
contrario nonché ripercorsa fino, possiamo aggiungere, a trovare altre
relazioni dalle quali a dispiegarsi siano ulteriori configurazioni.
In un caso, dunque, le predicazioni
risentono di un riferimento e nell’altro di un altro riferimento e di altri
ancora. Ad emergere è quindi una visione sempre più aperta man mano che ad
aggiungersi sono riferimenti.
Appare possibile così elaborare vari parametri
e punti di vista che possono supportare e correggere quello che è stato detto
in precedenza. Con le riflessioni quindi appare possibile integrare e
correggere quanto ad un primo impatto ritenuto.
Se non lo facessimo cosa ne conseguirebbe?
Emerge con evidenza che resteremmo
ancorati e quindi chiusi in quella prima “concezione” laddove, proprio dall’apertura
può derivare la possibilità di correggere sviste o errori.
I COMPORTAMENTI
Comportamenti impulsivi, ovvero istintivamente
e istantaneamente posti in essere, possono risultare denotativi di quanto
arriva a caratterizzare nel modo più peculiare un esistente oltre che cogliere
obiettivi. Quali garanzie abbiamo, tuttavia, di aver operato nel modo migliore,
ovvero in una espressione tale da reggere soprattutto rispetto ad altre? Ad
emergere, da subito sono correlazioni e quindi quella riflessione già
considerata. Valutando appunto modalità e riferimenti ulteriori, possiamo
pervenire ad allontanare quelle posizioni rivelatesi non sostenibili né
apportare i maggiori vantaggi ad esso esistente e, soprattutto, consentire a
esso soggetto di non esprimersi magari in una contraddizione.
Si tratta di cogliere, dunque,
accanto ad una funzionalità, una giustizia e quindi l’essere di quello che, diversamente,
si presenterebbe solo quale un esistente non valutato in un tempo e quindi
nelle relazioni per le quali possa essere recepito e, dall’altro lato,
supportato.
L’INDAGINE FILOSOFICA CONTINUA
Al di là di quanto già emerso, si
tratta di spingere sempre oltre i riferimenti in un processo, dunque, continuo,
fino a trovare un primo principio o, fatto che non risulta diverso, pervenire a
ritenere la stessa impossibilità di coglierlo. Proprio allora che pervenuti a
quello, alcuni si arrogano il diritto di spiegare tutto, sfociando in illazioni
che spesso hanno portato molti utenti marginali della filosofia a far ritenere
che questa sia “quella cosa con la quale o senza la quale il mondo rimane tale
e quale”.
Sovente infatti con un principio
trovato molti filosofi tendono a piegare l’intero universo che ci circonda,
producendo forzature.
Il valore dell’indagine filosofica è
rappresentato dalla validità degli elementi ritrovati rispetto a quelli che, in
caso contrario, sarebbero o ignorati o ritenuti con le incongruenze non
scoperte. Si tratta, tuttavia, di non bloccarsi ai risultati ai quali quasi
sempre con molta fatica si è pervenuti ma avere il coraggio di mantenere
quell’apertura sulla quale possono inserirsi le ricerche di altri. Proprio la chiusura
su un tutto definito intorno a ciò che è stato trovato richiama quello sforzo a
sfondare una tale fortezza per poi procedere oltre. Appare evidente che meglio
sarebbe lasciare la porta aperta a quegli alleati che possano concorrere alla
ricerca di quanto giungerà a dispiegarsi come più vero così come da Socrate
colto.
Torniamo comunque al discorso che
stavamo portando avanti. Quando ci arrabbiamo non solo rispondiamo a quanto
arriva a dispiegarsi per un istinto o status di quello che si dispiega quale un
esistente ma talvolta siamo convinti di aver ragione e che l’amica stia
sbagliando rifacendosi ad elementi non, tuttavia, a propria volta fondati al
punto da reggere così come da essa ragione universale richiesto.
Non appena riflettiamo non possiamo
non fare leva che o su ciò che giungiamo a rilevare che quella si è posta con
un comportamento diverso da chi sta indagando e da quello della comunità
civile. Ad una indagine che si spinge ancora in avanti può emergere che la
stessa società assunta a riferimento non si presenta in modo granitico ma con
differenziazioni dalle quali ad emergere, spesso, è anche un qualcosa di
antitetico. Si tratta allora di risalire a quanto possa supportare l’insieme o
negarlo facendo leva, questa volta, su essa ragione universale ancorché correlata
a fattori storici portanti una società. Liberare dalle stesse pastoie correnti
è stato un traguardo posto in essere da tantissimi filosofi: emblematici al
riguardo Senofane ed Epicuro, i quali additavano ad una liberazione da false
ritenzioni riguardanti gli dei.
Si tratta di ricavare, altresì,
validità dai vari paragoni interessanti diverse comunità nonché le differenti
manifestazioni all’interno di uno stesso il gruppo sociale. Ciò seguendo una
ragione che arriva a dispiegare di volta in volta una propria dimensione al di
là degli stessi parametri di riferimento fino a considerare se essi
comportamenti possano reggere, almeno finché non siano trovati altri
maggiormente funzionali.
Se ogni comunità, dunque, presenta un
suo modo di pensare ovverosia dispiega una sua cultura da cui una validità
deriva, quando non semplicemente una univocità che porta a chiusure e
imposizioni, bisogna sforzarsi di andare oltre fino ad incontrare gli altri in
una intersoggettività.
Articolo redatto da D’Angelis
Flaminia da una lezione del prof. Addona. Per approfondimenti della tematica si
rinvia al lavoro Giuseppe Addona “Percorsi
di filosofia” vol. I.