Come mai nei Paesi democratici
cosiddetti più progrediti giungono a verificarsi talune situazione piuttosto
difficili? In altri termini come è possibile che in alcuni Stati non si
riescano ad evitare ruberie e sacche di assenza dello stato di diritto? La
risposta che emerge più velocemente è quella che una parte dei voti è
indirizzata a candidati che si prestano ad assecondare esse spinte in un modo
piuttosto consistente presenti in alcuni cittadini e che i parlamentari da un
tale fatto interessati risultano poi determinanti alla formazione di una
maggioranza di governo. Appare evidente che condotta e disposizioni si trovino
a derivare anche da siffatte scelte. Non potremo aspettarci, così, che persone,
magari ladre o propense all’affarismo votino per elementi integerrimi. Gli
interessi di quelle infatti non possono che coincidere.
Ecco perché è importante che la
società sia costituita da cittadini consapevoli di un giusto e in grado,
quindi, di poter esprimere una società di diritto ovverosia legale e garante
dei vari componendi di essa. Partecipazione questa che non può prendere corpo
nel momento stesso che non si muova da quei termini intersoggettivi che
riconoscono la funzionalità di una società incentrata, appunto, sui vari
soggetti, fatto questo che porta tra l’altro a quella gestione aperta e responsabile.
Partecipare significa riconoscere sé tra gli altri, facendo emergere quanto non
fuorviante denunciandolo all’opinione pubblica, fatto questo che significa
comunicarlo agli altri soggetti con i quali si è in interazione così che
correzioni possano essere, immediatamente, apportate. Opposto il discorso,
dunque, a quello facente leva su interessi particolari per tutelare i quali si
viene meno a quella relazione portata da una ragione e da valere universalmente
almeno finché alla luce del sole non passino quelle richieste che si è soliti
chiamare politiche e sociali su particolari condizioni incentrate e che
arrivano a concretizzarsi per lo più in partiti e movimenti di diversa
impostazione.
Chiamati, dunque, ad esprimere il
voto non possono che volgersi a quanto arriva a rappresentarli. Altri che si
facessero adescare da falsi miti o da programmi allettanti, perdendo di vista
quello che già Platone riteneva il bene comune e che anche Aristotele reputava
che allora che eliminato a prodursi era il danno di coloro stessi che si
trovavano a governare per avere ottenuto una maggioranza. Proprio espropriando
la minoranza si gettano le basi per la disgregazione stessa di esso potere in
essere. In assenza di un riconoscimento degli altri, ancorché nelle diversificazioni,
ciascuno Stato prepara la propria rovina.
Emerge con evidenza, quindi, il ruolo
che la scuola deve svolgere e che è rappresentato dallo stimolare quella
consapevolezza critica che porta il giovane a diventare cittadino ovverosia
soggetto tra i soggetti in uno stato libero perché incentrato sulla ragione che
rappresenta quanto arriva in uno a collegare e a sostenere. Ove quella non
svolgesse un tale compito, non potrebbe ritenersi una “Istituzione” e tale
altresì da essere mantenuta a spese dello Stato, ovverosia della collettività.
Tanto dovrebbero considerare coloro che la costituiscono e che si trovano a
beneficiare dei suoi mezzi. Tocca a
essa, dunque, anche correggere la disinformazione che è alla base degli errori
e di quelle stesse scelte che possono risultare devastanti sia il cittadino che
la comunità costituita.
La critica, quindi, condotta con i
giovani, deve poter ovviare soprattutto a tanto, fornendo i docenti quegli
strumenti idonei affinché ci si rivolga alla comprensione al di là degli stessi
termini in essere ovvero di quelli che arrivano a configurarsi quali fatti da
indagare, dunque, nella loro composizione ed effettività. A tutto ciò non può
che risultare legata la condotta di coloro che a scoprire una validità devono
indirizzare. Come potrebbe un giovane credere in una società giusta allora che
notasse una assegnazione di voti non consona al discorso critico portato avanti
o anche ai risultati ai quali ciascuno studente della classe sia pervenuto ma a
muovere siano conoscenze o favori quando non proprio, ci vogliamo augurare,
mercimonio a vari livelli? Basta fare mente locale a quegli Stati e a quegli
ambienti dove il cittadino partecipa con serietà ed impegno costanti e a quegli
altri invece in cui a prevalere siano populismi o, all’opposto, dittature. In
conclusione, “ognuno ha gli amministratori che si merita”.
Una lezione del prof. Addona riportata da
Chiara De Mizio, II C.
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