Nello Stato italiano, stato di
diritto (liberale, democratico e socialista) secondo la Costituzione, la
persona è SACRA e INVIOLABILE e non può essere perseguita se non nei termini e
nei modi previsti dalla legge. La vita dunque, ha la precedenza su tutto. Tanto
premesso, un ladro che entrasse in una casa non può essere ucciso, per recuperare
la refurtiva o impedirla. Tra i beni e la vita lo Stato tutela la vita che
ritiene molto più importante. Proprio però per il fatto che la vita è sacra e
inviolabile tale risulta anche quella del cittadino e degli altri familiari o
delle persone comunque presenti. Ove questi “innocenti” rischiassero di perdere
la vita e si trattasse di scegliere, allora e solo allora è possibile e
purtroppo da ritenere “doveroso” difendersi, anche se ad essere sacrificata è
ancora una vita. Su siffatte premesse appare evidente che, ove si potesse,
quella vita andrebbe risparmiata e conservata. Ove, infatti, si potesse fermare
colui che attenta alla vita di qualcuno senza procedere nell’atto che possiamo
ritenere finale, bisogna porre in essere ogni atto volto a tutelare senza
uccidere. Proprio tanto rappresenta la “ratio” che sottostà alla legittima
difesa. Si vede bene che il problema “prima” che interessare la giurisprudenza
è affrontato dalla filosofia, che potremmo ritenere anche, specificamente,
filosofia del diritto. Si tratta infatti di riconoscere e di applicare una
logica che arriva a essere legata a concezioni di ordine filosofico, ovverosia
razionale per fare emergere una validità degli assunti e di quanto a questi
coerentemente consegue.
Ogni qual volta dunque si oltrepassa
il limite così come delineato si eccede nella difesa e quindi si transita
nell’illecito, ovvero in quello che la legge prevede e contempla come reato. Si
vede bene che ove le condizioni e le concezioni fossero diverse potrebbe
emergere anche il contrario. Allora infatti che fossero la proprietà o
l’abitazione a essere ritenute inviolabili, a presentarsi sarebbe una visione
contraria. Su un tale assunto potrebbe essere giustiziato o sacrificato a
seconda degli ulteriori punti di vista colui che violasse un tale “sacrosanto”
diritto. Da tanto emerge l’importanza delle assunzioni ovvero dei termini per i
quali si opera. A presentarsi non è quindi un oggetto così come un assoluto di
fronte che, in quanto tale, già per Kant era inconoscibile ma quanto ritenuto
che risulta corrispettivo di quel fenomeno in esse condizioni. Speriamo almeno
di avere fatto emergere i termini per un giudizio avendo fatto leva su una
indagine filosofica che ancora una volta non possiamo che rilevare nella sua
enorme importanza quantomeno chiarificatrice.
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