Ad un’analisi condotta su alcune esplicazioni sembrerebbe che
il pensiero, possa essere distinto in libero e non-libero. Ammesso che un tale
rilievo possa risultare effettivo non possiamo non chiederci in cosa consistano
le operazioni portate avanti con quello che noi chiamiamo pensiero. A questo
proposito è il caso di richiamare quanto rilevato da Mauro Maldonato il quale,
nel suo lavoro Quando decidiamo siamo
attori consapevoli o macchine biologiche? Giunti editore, si pone il
problema che investe in pieno esso pensiero. Non sappiamo infatti a cosa
approderà. Si tratta di un’elaborazione in corso che fa leva su elementi noti
per approdare a termini non noti. È questa quell’intelligenza che appare non
poter essere sostituita da quella artificiale come Nino B. Cocchiarella ha
fatto, emblematicamente, emergere in un suo lavoro a riguardo. Proprio quel
quid appare rappresentare esso pensiero come attività dalla quale si trovano a
derivare sistemi quali che siano. A riguardo si rinvia anche al mio lavoro Conoscenza e ragione Edimedia. Recuperato,
quando non assunto, il pensiero in siffatti termini abbiamo ancora la necessità
di definire che cosa può essere considerato libero e cosa no, fatto questo che
rimette in discussione quanto già ritenuto.
Di norma, si ritiene libero ciò che non è vincolato. Eppure
senza condizioni, ovvero in assenza di relazioni, come che arrivino a
dispiegarsi, sembrerebbe che non alcunché possa emergere. La stessa libertà
risulta tale solo allora che può rendere ‘’ragione di se stessa’’, quando non
semplicemente connotarsi come lo sganciarsi da qualcosa, non risultando,
appunto a questo vincolato colui che agisce. Valgano, tuttavia, per la
considerazione di essa libertà almeno le riflessioni di Kant e che chi scrive
ha elaborato, specificamente, nel lavoro La
determinazione sociale dell’individuo, Edimedia.
Il pensiero, dunque, anche allora che non risulta ricalchi da
quello di altri e, in primo luogo allorquando da costoro non manomesso, non può
non incardinarsi su quegli elementi dai quali il sistema arriva,
consapevolmente, a essere sostenuto. Non si tratta, dunque, di assumere un vero,
portato da pensieri indotti, né da immagini e nemmeno da idee che siano viste
appartenerci magari da sempre. Queste stesse non possono rappresentare il
nostro essere ovvero l’essere peculiare dell’uomo che perviene a riconoscersi e
a posizionarsi per esso pensiero nel momento stesso che questo si dispiega per
quella universalità, fatto questo che significa che in questa possa rientrare
ogni elemento che non lo contraddica, anzi venga a sostenerlo in quello che,
così come generalità, arriva a porre in essere: quanto non razionalmente
sostenibile, infatti, il pensiero rigetta. Noi sappiamo, dunque, di essere per
ciò che non può essere contraddetto o, in positivo, per quanto può sembrare più
vero, per dirla con Socrate, o per quello che solo può risultare dopo che tutto
è stato messo in dubbio, fatto questo che ha rappresentato la grande conquista
di Cartesio che ha dato avvio alla moderna filosofia.
Volendo procedere oltre nel concreto, fatto questo che sta ad
indicare che le operazioni filosofiche non rappresentano un girovagare nel
fatuo quando non nel nulla, come da taluni magari ancora ritenuto, ma proprio
il tentativo di fare emergere quanto interessa l’esistente pensante con i
problemi che lo investono, notiamo che per avere un pensiero libero appare
necessario non solo spogliarsi degli ‘’errori dell’intelletto’’, emblematico,
al riguardo, risulta il contributo di Bacone, anche a costo di mettere in
dubbio persino l’esistenza ontologica del mondo e di se stessi, valgano per
tanto le moderne concezioni e affidarsi al coraggio di pensare e di riferire
gli elementi emersi: “Sapere aude!”, cioè di spezzare le catene della mente per
andare oltre, ma soprattutto per trovare con il pensiero gli altri e quanto
questi portano con il proprio pensiero. Se era questo il motto
dell’illuminismo, grazie al quale veniva celebrata l’indipendenza, tradotta
anche in campo filosofico, che accantonerà il dogmatismo e il nozionismo
medievale che impedivano il progredire della cultura e soprattutto del pensiero
umano, certo non possiamo non tendere a focalizzare quei termini portanti, solo
per i quali appare possibile, se non trovare la verità, quantomeno incontrarsi
in un’umanità che rappresenta l’approdo ultimo al quale una conoscenza tende.
Esso pensiero sembrerebbe riconoscersi come attività
intellettiva che si applica su termini e riferimenti e che però si rileva non
esaurirsi in tanto poiché, indietreggiando, risulta possibile a esso cogliersi
in quel suo mostrarsi così come attività che non operando ancora su alcunché aveva
già portato Kant a ritenerlo puro. Esso è consapevole di potere dispiegarsi
dunque al di là degli stessi elementi che relaziona. Un tale configurarsi
sembrerebbe portare con sé una libertà che tuttavia per esprimersi necessita di
termini sui quali essere riconosciuta applicata. Appare trattarsi propriamente
di essa attività che riesce a distinguersi da quanto, ancora per essa, pensato
e nei termini portanti ovvero per un sistema scientifico posto in essere o per
accostamenti empirici, in una siffatta modalità rilevati, oltre che per quanto
resta dopo le stesse operazioni astrattive al di là delle quali si pone ancora
esso pensiero per cercare ulteriormente quanto possa apparire e partecipare del
discorso in essere. L’argomento è stato affrontato in Giuseppe Addona Conoscenza e ragione Edimedia
liberamente consultabile sul sito dell’autore.
È proprio la filosofia, infatti, che come ricerca del
fondamento posta in essere da esso pensiero che potrà fornire quelle condizioni
che liberamente si concretizzano sulle quali costruire e ritrovarsi quindi con
gli altri ancorché in un sistema aperto. Da questo momento in poi potrà
prendere corpo quel pensiero libero che criticamente si spinge innanzi senza
lasciare dietro di sé il vuoto ancorché alla luce di quanto emerge possa
risultare modificato parte di quanto fino al momento ritenuto. A fare da base è
tuttavia ancora quell’attività per la quale il soggetto riconosce se stesso ed
è dagli altri riconosciuto nella stessa dinamicità degli eventi che sono venuti
a dispiegarsi e però non al punto che il tutto sia da rifondare poiché a fare
da base è ancora essa attività che non può essere consumata per quanto giunge a
rappresentare in quella sua universalità aperta. Per questa, infatti,
continuamente può essere sussunto altro senza che a scomparire sia essa come
tale, rappresentando, appunto, la condizione dei vari recepire e dei termini
conoscitivi approntati. Nemmeno per questi, ciascuna volta, risulta fissata
poiché consapevole che altro e diverso possa ancora dispiegarsi, fatto questo
che aveva portato già Socrate a ritenere di dovere continuamente cercare essa
verità e al punto che non alcunché potesse essere affidato allo scritto, al
quale non è dato di esprimere quell’altro così come emergente da essa indagine.
Una tale attività si riconosce e si propone comunque come ragione in quella
universalità aperta con i termini che la identificano nelle varie
configurazioni che va a produrre. Essa, non scissa da queste, pure non si
esaurisce in queste e si dispiega nei termini comuni a quegli esseri che,
razionali, similmente quella esprimono a cominciare dall’identità da
ricostruire sulla quale risulta incentrata l’intera logica, di essa
propriamente e del soggetto corrispettiva ancorché nemmeno questa da ritenersi
immobile e però sostenuta ancora da essa attività, la quale si dispone in essa
universalità sia teoretica che pratica a livello, questa, soggettivo esprimente
quella morale categorica e formale da Kant ritracciata. L’analisi del mondo
esterno non risulta, altresì, scissa da quel ‘’conosci te stesso’’ che da
Socrate in poi tanta strada avrebbe dovuto percorrere senza alquante o molte
interruzioni da parte di chi si è presentato e ancora si dispone con la propria
verità infusa espressa in quell’individualismo destinato a venire in contrasto
con altri. Se le esperienze dell’esistente sono da mantenere, così come
costitutive di una vita vissuta, pure non possono non essere integrate da
quella riflessione e da quei confronti per i quali si può pervenire a quel
discorso più ampio che all’orizzonte tende a configurarsi come universalità
nella quale incontrare gli altri e vedersi nello stesso tempo riconosciute le
proprie produzioni che sono viste reggere a quel sistema che possiamo ritenere
umano. Proprio quanto risultante da essa
attività razionale ovverosia da esso pensiero che elabora e riconduce arriva a
legittimare una stessa esistenza che non può, alla luce di essa considerazione
universale, pretendere di restare semplicemente tale ovvero di continuare a
produrre effetti da particolarità derivanti. A dispiegarsi, in questo caso
sarebbero solo individualità contro o anche associate per una parte di un
percorso che però non potrebbero pretendere di evitare l’urto con altre. Risultati
si troverebbero a discendere da una commistione non universalmente
legittimante. Un pensiero libero, dunque, si trova, nel caso che riguarda
l’uomo con un suo essere, a fare leva su essa universalità fondante e nel caso
che a risultare interessati siano i termini che giunge a percepire come esterni
esso si riconosce rispetto a ciò che arriva a relazionare facendo leva su
termini recepiti e che arrivano a fare da base senza tuttavia restare in essi
conchiuso. Proprio per tanto arriva a riconoscere una sua libertà. Esso, che
scientificamente non può che procedere sui termini che una tale conoscenza
caratterizzano, pure riesce a trovare uno spazio al di là di tanto stesso e che
pure è pervenuto a disporre.
Una libertà posta in essere al di là di tanto può solo
rappresentare una fuoriuscita incentrata su sensazioni ovvero su quanto
spingendo da un lato arriva a essere sostituito da quanto magari maggiormente
aggradi conducendo a quella non dimensione nella quale a darsi non può essere
un soggetto poiché un riconoscimento può essere prodotto solo in negativo per
quanto arriva a essere superato e in positivo per quanto comunque perviene a
dispiegarsi senza possibilità di potere essere compreso. Un qualcosa di non molto diverso accadde alle
varie libertà che storicamente si sono prodotte e, quindi, incentrate su
termini portati da una società che non era pervenuta a fondarla perché non
corrispettiva di quel pensiero dispiegantesi in essi termini universali. Si è
trattato così dii sostituzioni di termini dei quali alquanti avvertivano il
gravame con quanto reputato potere appagare e però ancora fattori emergenti in
essi termini particolari.
Proprio di fronte a quella che può essere ritenuta, di volta
in volta, una degenerazione di quella libertà, che tale non risultava nella sua
universalità e fondante, si era elevata quella stessa dall’illuminismo invocata
e in parte conquistata e che però non era pervenuta a cogliere quel fondamento
che troverà con Kant. La grande operazione portata avanti da questo filosofo
non sembra tuttavia essere bastata poiché a continuare da parte di tanti è, da
un lato, una ignoranza al riguardo e, dall’altro, a spingere sono ancora esse
motivazioni esistenziali che trovano il loro coronamento in un individualismo
nonché di massa. Si tratta di interrogarsi liberamente ovvero senza muovere da
posizionamenti ad un Io rispondenti, quando non addirittura ad impulsi vari e
varianti al punto che dalla considerazione di esso soggetto possa procedere poi
quel pensiero logicamente e scientificamente vincolato sui termini, questa volta,
universali, posti a fondamento. Questo arriva ad essere espresso da quella
libertà primaria da esso pensiero posta in essere costitutiva di quel soggetto
che insieme agli altri possa proiettare al di là di quel in quel vicolo cieco
ancorché per alcuni tratti appagante nonché magari arricchito o forse solo
gonfiato con tanti elementi derivanti da un’acquisizione libresca o soprattutto
dagli invadenti e non valutati mezzi di comunicazione di massa.
Libertà, dunque, non come un distaccarsi da tutto ciò che non
arriva a piacere, poiché tanto è visto rispondere, di volta in volta, a
sensazioni particolari, al di là delle quali a dispiegarsi, spesso se non
sempre, è anche un niente, e che pure è vista rappresentare quella indipendenza
di spirito alla quale credono di partecipare o che addirittura reputano di
produrre coloro che altro non fanno che proiettare quel proprio sé empirico o
particolare che tende a calpestare chiunque incontri sulla propria strada,
fermo restante che da questi stessi ci si aspetti quella legittimazione della
quale pure si avverte il bisogno.
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