Se la logica si dispiega come riconduzione all’identità,
ovvero se non rappresenta altro che un riferirsi a ciò che già è ovvero che è
stato stabilito e che, in ultimo, è identico a se stesso e la matematica quale
riconoscimento dei rapporti di quanto dai numeri espresso, alla filosofia tocca
il compito di proiettarsi oltre lo stesso sistema ciascuna volta approntato. La
logica, dunque, recepisce la modalità ovvero i passaggi che riconducono al
discorso dal quale si muove. Per esempio allora che si afferma: se A è maggiore
di B e B è maggiore di C allora A è maggiore di C, la conclusione rientra in
quell’affermazione che esprime il tutto ovvero che A è maggiore sia di B e sia
di C. Dire che A è uguale a se stessa significa ritenere, in uno, che il
pensiero non ha altri elementi con i quali possa percepire il contrario ovvero
una diversità. Se fosse diversamente colui che pensa non saprebbe più su quali
elementi fare leva.
La logica, è il caso ancora di ripeterlo, si rivela quale una
riconduzione a essa identità e la matematica come riconoscimento dei rapporti tra
numeri per essi funtori e che ancora all’uguaglianza riconducono.
La matematica si incentra, infatti, sui numeri che per
convenzione sono stati costituiti. Il numero 1 è inteso come un elemento non
scisso e rappresentante appunto solo se stesso e che associato ad un altro
elemento, pensato solo sotto l’aspetto della quantità, ovverosia facendosi
astrazione da tutte le qualità, è detto essere 2 per convenzione e associato
ancora ad un altro che a questo punto è da considerare come un ripetersi di
quel primo se stesso è detto 3 e così via per tutta la serie numerica costruita
e per quanto ancora possa spingersi oltre dopo avere posto in essere un tale
sistema.
Allora che ci si trovi di fronte ad una operazione quale 5 =
3 + 2, quando si voglia sapere, su esse basi assunte su cui si dà per esso
sistema che la somma di 1 + 1 dà il due e sommato ad un altro elemento dà il
tre e sommato ancora ad un altro elemento il quattro a prescindere da cosa
l’elemento rappresenti appare evidente che il 5 è riconosciuto per la somma di
tante volte essa unità ancorché espressa da parti a propria volta costituite
sulla stessa unità.
Se io voglio ottenere il 2 da un 5, bisogna togliere a questo
un 3. Quindi se in quella operazione di prima si ha 5 = 3 + 2, è ovvio che per
ottenere il 2 occorre staccare 3 dal 5.
L’operazione, quindi, sarà 2 = 5 – 3. Proprio per tanto
passando dall’altra parte dell’uguale il segno si inverte. Tanto risponde ad
una logica e non va imparato meccanicamente.
Se alla filosofia, come sopra già rilevato, tocca il compito
di proiettarsi oltre lo stesso impianto, pure l’operazione matematica non può
non essere comunicata nei termini per i quali è posta in essere, fatto questo
che arriva ad interessare lo stesso sistema per il quale emergono, in uno,
riscontri e validità. In caso diverso siffatti passaggi giungono ad essere
affidati ad una comprensione personale o, per lo più, al caso quando non
passivamente registrati.
La filosofia va oltre ogni apparato già approntato e cerca di
scoprire quello che nel sistema non è presente. Se un sistema o conoscenze
quali che siano risultano indispensabili così come basi per procedere oltre,
fornendo gli elementi su cui lavorare, pure si tratta di proseguire per fondare
quelle stesse. Si tratta di individuare, per poi magari superare, le stesse
condizioni che hanno portato a rilevazioni e a ritenzioni.
Se per riferimenti arrivano a essere prodotte predicazioni
bisogna volgersi a valutarli ed eventualmente a reimpostarli.
La ricerca filosofica appare rappresentata da quel procedere
volto alla individuazione facendo leva quantomeno su diversi punti di osservazione.
Gli elementi emersi arrivano, altresì, ad essere reimpostati e valutati nelle
ulteriori relazioni nonché sfaccettature ed aperture senza, tuttavia che tanto,
possa configurare quel percorso che essa filosofia perviene continuamente a
tracciare. Al di là dello stesso pensiero che è giunto alla individuazione di
un discorso scientifico si presenta ancora un pensiero ponto a recepire quanto
anche solo arrivi ad affiorare.
Allora che un ragionamento sembri ineccepibile è perché si
ritiene di non avere aggiunto altro così come estraneo o fuorviante a quanto
derivante da esse premesse. Nel momento stesso che a essere eliminato sia
qualcosa di diverso ovvero l’errore a presentarsi non è niente di nuovo ma
quanto solo rappresentato ossia contenuto in essa identità di base. Il discorso
per le scienze si chiude intorno a quel qualcosa al di là del quale altro non
si riesce a scorgere. Matematica e logica fanno, in ultimo, leva
sull’uguaglianza.
Le affermazioni, per tali scienze o soprattutto per quella
che Aristotele riteneva uno strumento, non riguardano qualcosa di esterno.
Anche o soprattutto allora che parliamo di logica matematica non ci riferiamo se
non a quanto incentrato sull’identità e non su una realtà esterna. Un qualsiasi
numero risulta tale per convenzione anche se appare piuttosto consueto ritenere
che un a un reale individuato come 3, possa corrispondere qualcosa di ulteriore
da cui esso altresì risulterebbe derivare.
Il primo elemento per la matematica sembrerebbe essere
costituito dal numero, per la logica appare evidente da subito che sia l’uguale.
Siccome la matematica non si presenta scissa dalla logica, dobbiamo ritenere
che fondamentale anche per essa sia l’uguale. All’uguaglianza, riconducono sia
il più, che significa che si aggiunge qualcosa, e sia il meno, che indica il
percorso opposto, rappresentato da una sottrazione. I due processi si muovono
sulla stessa linea. Alla medesima operazione sono a propria volta riconducibili
moltiplicazione e divisione che includono quello che possiamo ritenere uno
spazio racchiuso dai due assi ortogonali fino ai punti designati da quanto da
un numero posto a corrispettivo.
Anziché, dunque, procedere per addizionare 10 volte un 3, si
perviene a ricavare lo stesso risultato moltiplicando il 3 × 10 che diventa 30
ovvero sommando esso 10 tre volte o esso 3 dieci volte. Dati i parametri di
base o si addiziona un uno (1) 30 volte o si moltiplica un 10 per 3 il numero
che deriva è lo stesso.
Non diverso il discorso sempre per il sistema costituito allora
che al quadrato ottenuto con ascisse e ordinata nelle rispettive quantità
espresse, tolta una delle due, resta quanto rappresentato dall’altra. Nello
stesso discorso rientra anche la radice quadrata. L’operazione che a questa
attiene risulta inversa a quella che interessa il quadrato.
La matematica non solo opera su quanto costituito ma si
spinge nel tentativo di risolvere problematiche derivanti proprio da quanto
approntato e che, però, non fornisce risultati coerenti con l’applicazione dei
termini usati per incrocio e parte comunque di esso sistema. Al di là di tanto
si proietta per inseguire quanto altresì pure al momento non sembra chiedere
una soluzione perché non parte del problema.
La stessa immissione di una potenza non sembrerebbe rispondere
ad altro che a una riduzione dei passaggi fino a rispondere ad una teoreticità
per la quale rientrare i vari casi particolari. Facendo uso di esse appare
possibile così esprimere formule dispiegate in quella che potremmo ritenere una
forma ancorché espressa su termini effettivi e in essa relazione.
Da considerare è altresì che andando avanti con gli assunti
si può solo pervenire ad un determinato punto. Per andare oltre bisogna,
talvolta o spesso, rompere con gli schemi di base ancorché rappresentanti una
condizione di quello che arriva a configurarsi come un superamento. Si tratta
dunque, ogni volta, di spingersi oltre le stesse conoscenze alle quali si è approdati. Se a risultare evidenti sono i vantaggi
rappresentati dalle traduzioni numeriche pure queste non possono essere
considerate universalmente valide. Se risulta possibile comunicare la grandezza
di qualcosa, utilizzando il numero uguale per tutti coloro che hanno accettato
un tale sistema di misurazione anche a distanza senza bisogno di portare con sé
un corrispettivo non ulteriormente individuabile pure non altrettanto appare
possibile reputare di avere trovato una chiave di lettura per ogni elemento. Con
essa matematica, incentrata su parametri intersoggettivi, risulta possibile
veicolare una conoscenza ancorché non in modo assoluto ma comunque tale da
fornire un riscontro che risulta piuttosto evidente allora che si voglia
confezionare una torta fornendo le quantità o più specificamente i termini a
cominciare dal peso dei componenti per finire ad una temperatura da far
raggiungere ad un forno e da un tempo di permanenza in quello. Basta pensare
alle difficoltà in assenza di tali parametri così come definiti.
La filosofia, che pure non può che muovere da essa identità,
arriva a pensare percorsi diversi oltre che la stessa negazione di questi.
Essa, quindi, non si affida solo a quello che si presenta, ma si proietta oltre
non appena minimamente richiamato. Essa riflette su quanto arriva a dispiegarsi
nel tentativo di ricavare qualcosa di ulteriore, fatto questo che accade, anche
se non in modo così eclatante, alle altre scienze nel momento stesso che si dispongono,
alla luce di quanto intravisto e soprattutto conquistato, per negare quantomeno
parte degli stessi risultati precedenti.
La scienza, quindi, sa che deve spingersi oltre non appena
comprende che quel determinato qualcosa non può essere risolvibile con i
sistemi in uso. Al di là dei risultati raggiunti, gli scienziati si preoccupano
di produrre ulteriori soluzioni che possano risultare ancora più funzionali
ovvero tali da contemplare fino a risolvere un numero crescente di casi nonché
in ambiti ulteriori.
A restare di fronte alle stesse varie conquiste alle quali,
di volta in volta, si perviene è ancora un pensiero pronto per affrontare
sentieri non ancora abbozzati ancorché per assenza di termini non si dispieghi
per elaborare.
Da un lato, dunque, il discorso arriva ad essere mantenuto
così come conquista scientifica e dall’altro, infranto almeno per quella parte
che risulta superata alla luce di nuovi elementi.
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