Epicuro invita gli uomini a liberarsi
dal timore della morte che arriva a costituire per costoro il problema,
appunto, più rilevante. La sua etica risulta imperniata sulla liberazione dagli
assilli. Il suo procedere appare incentrato su una riflessione dalla quale deve
derivare quella conoscenza idonea a scoprire gli errori. Egli muove dalla
constatazione che la realtà risulti per un percepire dai sensi, appunto,
portato. Finché si è in vita si avverte. Va già da sé che nel momento stesso
che si cessa da una vita ovvero si muore a venire meno sono propriamente esse
sensazioni. Si tratta di fare emergere, quindi, gli elementi da riferire.
Quando si è vivi ci si preoccupa per
la morte e non si gode la vita. Nell momento stesso però che si comprende che
con la morte cessano le sensazioni essa non può essere avvertita e, dunque, è
da stimare quale un niente. Risulta così che si possa godere, finché possibile,
essa vita senza preoccupazione alcuna di quella. Sbaglia colui che pensa di
vivere in eterno e allora che capisce che tanto non potrà accadere si rammarica.
Angustiato da un tale fatto non vive con quella tranquillità. Proprio però la
consapevolezza che il tempo in cui si dispiega essa vita non è eterno deve
portare a godere di ogni istante. A dispiegarsi è, in questi termini, una vita
appagata alla quale non fa paura una morte che come già emerso non può essere
percepita. Assurdo risulta dunque il temere una cosa che non può provocare
dolore. Quando ci sei tu essa non c’è e viceversa quando c’è la morte non ci
sei tu. A restare è il problema costituito propriamente dalla correlazione
ovverosia dal passaggio. Argomento questo affrontato nel lavoro consultabile
liberamente sul sito Giuseppe Addona “Percorsi di filosofia” Edimedia. Uno
degli altri farmaci che fornisce è costituito dalla liberazione dal dolore: I
mali o sono forti e recidono una vita così che non risulta possibile, alla
fine, avvertire dolore, o sono tali che ci si abitua. I piacere vanno altresì
considerati in dodo che non possano da essi derivare dispiaceri maggiori. Si
tratta di organizzare, dunque, al meglio essa vita per goderla con quanto meno
fastidio possibile e dunque con il massimo piacere. Ci possiamo chiedere a
questo punto se una tale gestione debba interessare anche gli altri e quindi
una società o il discorso resti ancorato all’individuo come sembrerebbe
verosimile da quanto emerso. Da tenere conto è che essa società si trova ad
intervenire e ad incidere, quindi, sulla vita di esso esistente così che la
ricerca appare da doversi ancora portare avanti.
Articolo stilato da Francesco D'Andrea, I C.
da una lezione del prof. Addona
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