Per Aristotele la conoscenza muove
dai cinque sensi ai quali aggiunge un senso comune. A questo attribuisce una
funzione duplice: quella di rappresentarsi le sensazioni e la coscienza che, come
sembrerebbe, pervenga a costituire il riferimento di queste. In caso diverso a
mancare sarebbe proprio il soggetto. Chi percepisce? Come potrebbe una
sensazione correlarsi alle altre e risultare organizzata in funzione di qualcosa?
Quel sentire, che possiamo considerare comune, arriva a rappresentare esso
esistente per il quale a essere poste in essere sono, in ultimo, le azioni. Si
tratta dunque di riconoscersi come elemento incentrato su una unità. Proprio un
tale riferimento arriva a rappresentare il termine in rapporto con gli altri
fino ad essere riconosciuto in quel suo proporsi per l’organizzazione che
arriva a essere reputata affidabile e sulla quale fondare le relazioni fino a
costituire una dimensione per la quale una validità.
Una tale condizione risulta ancora
necessaria allora che al di là della sensazione percepita, ovvero in atto, si
tratta di riconoscere quanto è stato e portato da una memoria, ancorché questa
stessa possa configurarsi a propria volta come percezione. A mancare appare
però ancora prorprio quel riferimento per il quale il tutto perviene a
consapevolezza. Discorso questo che risulta più evidente allora che a risultare
interessata sia l’intuizione. Allora che qualcosa venga recepito in un certo tempo
e non in altro a restare è proprio essa facoltà che si riconosce non incentrata
su un termine. È ancora essa a collegare gli elementi richiamati per porre in
essere quanto non appare presentarsi semplicemente ma necessita di sforzo per
essere portato alla luce. Perché tanto non è stato prima intuito? Aristotele a
questo punto si vede costretto ad ammettere un intelletto attivo accanto a
quello passivo non pervenendo ad attribuire potenzialità ad esso riferimento
come facoltà. Rappresenta questo un problema dalla portata enorme. Si tratta,
infatti, di ricondurre quanto non è ancora a quel soggetto pensante che però
non dispone ancora degli elementi sui quali applicare esso pensiero. Solo in
tali termini quanto considerato non in essere può essere riportato
all’immanenza e però data da un soggetto e non da un essere che possa
presentarsi di fronte. Su quello risulterebbe fondata ora essa realtà, fatto
questo che rappresenterà una conquista dell’età moderna con la dimensione che
arriverà a dispiegarsi su esso soggetto. Proprio la non risoluzione di quanto
di fronte ritenuto reale e esso intelletto conduce a considerare una potenza e un
atto. A non risultare spiegato è comunque il passaggio nell’atto stesso di
esprimersi, fatto questo che rappresenterebbe un corrispettivo della
problematica legata al concetto di causa.
Lezione del prof. Addona riportata da
Francesco D'Andrea, I C.
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