BLOG- NOBILTÀ E
BRUTALITÀ...
IL BRUTO ESISTE ANCORA OGGI?
COME ATTUALIZZARE LA
MORALE DI KANT
Analizzando
il seguente passo di Kant riguardante la legge morale, all'interno della Critica
della ragione pura pratica: “La prima veduta, [il cielo stellato] di un
insieme innumerabile di mondi, annienta, per così dire, la mia importanza di
“creatura animale”, che dovrà restituire la materia di cui è fatta al pianeta
(un semplice punto nell'universo), dopo essere stata dotata per breve tempo
(non si sa come) di forza vitale. La seconda, [la legge morale] al contrario,
innalza infinitamente il mio valore, come valore di una “intelligenza”, in
grazia della mia personalità, in cui la legge morale mi rivela una vita
indipendente dall'animalità, e perfino dall'intero mondo sensibile: almeno per
quel che si può desumere dalla destinazione finale della mia esistenza in virtù
di questa legge; la quale destinazione non è limitata alle condizioni e ai
confini di questa vita, ma va all'infinito.”, possiamo dare una definizione
di “nobile”, ricavabile per converso da quella di “bruto”, “plebeo”, ossia di
un uomo rozzo dei modi, che non ha il senso dell'altro, magari individualista,
che tende ad essere violento ed aggressivo e, relazionandosi con una persona,
non ne percepisce quell'Io. Il “nobile”, dunque, è il soggetto che, per usare
ancora le parole di Kant, si eleva INFINITAMENTE, che si distingue dagli
animali per la ragione (che il filosofo definirà in modo forse ancora non
interamente adeguato come intelligenza) e riesce a sopprimere o a contenere i
propri istinti, sacrificando quindi quelle che arrivano a concretizzarsi come
richieste che potrebbero portare ad un proprio e particolare utile. il bruto
invece non riesce ad elevarsi ad un piano più generale nel quale l’altro possa
essere ritrovato ed agisce, invece, mosso unicamente da primitive passioni ed
istinti, i quali possono spingere anche alla violenza più marcata. Non diverso
il discorso si presenta allora che a intervenire sia una paura. Questa infatti
si configura sulla stessa linea benché all’opposto della volontà che insegue
interesse in positivo. Allora che quella invade l’esistente costui tende a
conservarsi sacrificando ogni cosa che arriva a prospettarsi di fronte.
L’azione eroica invece, che possiamo ritenere quale corrispettiva di una
“nobiltà”, sacrifica appunto quanto l’altra pone in essere a tutela e
conservazione dell’esistente. Il non comportarsi, quindi, esclusivamente da
uomo-animale proietta il soggetto verso quel comportamento che può essere detto
sia eroico che nobile. Chi si sente investito da una tale spinta universale,
per usare ancora la scoperta kantiana non si sforza di superare quella paura
per la quale si abbasserebbe da soggetto universale ad animale particolare. Sia
in pace dunque che allora che purtroppo si trovavano in guerra coloro che
avvertono quell’imperativo, che rappresenta la base della morale kantiana, non
arrivano ad anteporre la paura a ciò che ritengono da doversi esprimere in
quanto valido universalmente.
Con
questo passo, dunque, il grande Kant arriva ad individuare scientificamente il
percorso possibile ad un soggetto che per anni è stato vagamente ritenuto, per
comportamenti similari, nobile. Una critica tanto importante quindi da far
emergere in termini dimostrati in un sistema quanto da molti ritenuto e seguito
ancorché non rispondente a siffatti elementi ma a considerazioni anche storiche
o di discendenza per le quali erano ritenuti “diversi” da quelli che si
comportavano solo in funzione della propria esistenza, meritandosi, sicuramente
esageratamente, l’appellativo di “canaglia”. Quei cani infatti che,
abbandonati, arrivano a formare un gruppo, si tuffano sulla preda sapendo che
da tanto dipende la loro sopravvivenza non disponendo di altro e avendo
digiunato per giorni.
Possiamo
da tanto constatare l’importanza di uno studio sulla morale e di una
esplicazione di questa che arriva a sottrarre quanto da alcuni appropriato. Nel
caso in cui, ad esempio, una persona si trovasse in pericolo, il bruto non si
accinge a salvarla dando la precedenza alla propria sicurezza. Diverso il
discorso per il quale interviene colui che avverte la spinta che caratterizza
il dovere e che si proietta in quell’universalità nella quale supera esso
esistente limitato e “minimale” rispetto alla grandezza riconosciuta
dell’universo fisico. La morale infatti, abbiamo notato, passa anche o
soprattutto attraverso il sacrificio di quanto potrebbe risultare
tranquillamente giovevole. Valga un esempio molto limitato di un ricco che
donasse dieci euro a un povero. Proprio perché non si priva di una parte
considerevole di sé, il suo gesto,
benché da apprezzare, non può essere considerato a rigore “morale”.
Ritroviamo infine due distinti operati: quello rispondente all’animale
(biologico), ossia vivere rispondendo ai propri stimoli per “restituire
nuovamente al pianeta la materia con la quale è stato formato”; quasi opposto
quello morale, per il quale si manifesta quell’universalità che porta l’uomo ad
inserirsi nell’intero universo, non potendosi quand’anche lo volesse,
considerarsi inferiore. Cerchiamo ora di attualizzare...possiamo ritrovare
ancora oggi le figure del bruto e del nobile? Affidiamo una tale riflessione a
tutti i giovani che hanno potuto recepire osservazioni a riguardo sia
relativamente a comportamenti di coetanei che di adulti.
Anche
questo processo può essere definito cultura, oltre al recupero della
trasfigurazione classica della realtà.
CHIARA DE MIZIO, IIC