venerdì 19 dicembre 2014

La libertà... Tanto decantata ma così poco conosciuta.

Hai mai provato a chiederti cosa sia la libertà? Che rispondere ad una tale domanda sia difficile appare già dal fatto che il grande Socrate interrogava proprio su cosa fosse l'argomento in questione. Innumerevoli sono le volte che la si invoca, in suo nome sono state condotte guerre, rivoluzioni; ad essa sono state affidate forse le speranze più consistenti dell'uomo. Non abbiamo la possibilità di interrogare tante persone per far emergere la concezione che ciascuno ne ha; proviamo tuttavia noi stessi a rispondere.
Un giovane tipo forse ritiene libertà fare ciò che vuole senza vincoli. Chi può dire che tanto non sia valido e bello per chi lo ha pensato? Abbiamo finito? Va bene così?
Se non fosse che ogni operazione o larga parte di quanto esplicato si trova ad investire gli altri. Il discorso in questo caso non è relativo ad un solo individuo, ma al rapporto che questo instaura con chi gli sta vicino. A questo punto viene a dipendere dalla relazione. Non sembra dunque, al punto a cui siamo pervenuti, presentarsi quale assoluta. Le valutazioni devono allora vertere su come possa risultare applicata agli altri e forse, soprattutto recepita da questi. Proviamo di nuovo. Ci basta la famosa espressione: "la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri"? Emerge chiaramente come anche in questo caso il discorso sia generico, infatti più che definita, la libertà si trova ancora in una relazione, ma senza che l'incognita sia stata risolta. Se qualcuno vivesse isolato, sarebbe libero? O forse non avrebbe nemmeno il concetto di essa libertà? Anche infatti senza scomodare Hegel sappiamo che una predicazione può essere tale nel momento in cui si esprime rispetto ad altro. In assenza di quest'altro diverso questa libertà non potrebbe emergere. Focalizziamo allora l'attenzione sull'altro termine. Recuperato semplicemente in negativo, ne deriverebbe che essa è libertà da imposizione. Sembrerebbe allora che solo in presenza di costrizioni essa reclami il suo essere. A parte allora un significato che emerge dall'altro, bisogna considerare il singolo soggetto il quale i significati esprime. Quello che per qualcuno quindi può essere considerato un'imposizione, per altri può risultare un non problema o sconfinare anche in un piacere (vedasi i masochisti). Ma per la stessa persona potrebbe succedere, come di fatto accade, che una volta si seguono alcune indicazioni e altre queste sembrano opporsi. Affiora dunque che a dover essere valutate sono anche le non  contraddizioni o le identificazioni che dir si vogliano. E siamo ancora lontani dalla definizione!
Uccidiamo la libertà se cerchiamo di definirla come alcuni ritengono? E però se non la definiamo come fa l'altro a riconoscerla o forse colui stesso che crede di esprimerla? E' possibile rintracciare la libertà  dunque non solo per quanto riguarda il singolo soggetto, ma in rapporto all'altro che dovendola riconoscere esprime il suo messaggio di ritorno. Chiaramente non è l'espressione della forza che permette di connotarla, perché in quel caso risulterebbe essere l'espansione della volontà del singolo individuo, la quale non incontrando altro non potrebbe essere determinata. Essa allora partendo dal soggetto deve incontrare l'altro soggetto e tornare riconosciuta. A questo punto non è assoluta, non è individuale, né sganciata, ma solamente valida in un sistema intersoggettivo. E' questo allora che dobbiamo far emergere insieme per fare in modo che ci si esprima senza imposizioni, che si incontri l'altro al punto che questo non sia un ostacolo, ma un sostegno, così come Kant riteneva che per l'aria pure rallenta la colomba, ma rappresenta il mezzo che la fa volare.

Vediamo ora in concreto come può rapportarsi anche in relazione al meccanicismo, ovvero
esprimersi. Se la realtà si presenta come rapporti di causa-effetto, al soggetto non resterebbe nessuna possibilità di esprimerla. Kant riteneva che potesse rappresentare quanto derivava dall'imperativo categorico e che si ergeva rispetto ai vantaggi pure visti appartenere all'io empirico, giungendo a concretizzarsi per quell'universalità che era solo formale. Noi invece oltre lo stesso Hegel, per il quale a rigore la libertà avrebbe dovuto essere autodeterminazione della ragione, reputiamo che essa prenda corpo in una intersoggettività che dà concretezza alla forma kantiana e dà espressione al soggetto tra soggetti. Riconosciuta dunque dal soggetto come coscienza in relazione con altri soggetti può essere rivisitata e riprodotta. Questa sarebbe la libertà effettiva in una società. Non immobile dunque ma individuata nei passaggi sostenibili e valutati, pronti a recepire la falsificazione e il diverso così come da Popper riconosciuto. Non assoluta, non a priori dunque ma valida fino ad ulteriore prova contraria. 
Antonio Coppola II F
Michela Rillo II F
Angelo Parrella III C
Mario Forni III C
Stefano Palmieri III C
Fabiola Castelluzzo III C
Stefania Goglia III C
Monica Angelone III C
Roberta Zoppoli III C
Silvia Marsullo III C