venerdì 22 marzo 2019

A proposito del termine non noto: come recuperarlo dal contesto

"Non è più rispetto all'infinito una parasanga, uno stadio o un palmo". Ci troviamo di fronte a un passo i cui termini sono da individuare, risultando per noi tutti quali incognite. Al di là di esso “infinito” ritenuto quale appunto un estendersi senza limiti, ovverosia non finito, proviamo a dare una consistenza al palmo che potrebbe risultare di circa 25 o meno dopo una media tra le mani da ritenersi maschili soprattutto in un tale contesto prestare alle rilevazioni dei lavori campestri quando non alla guerra. Non si tratta qui, comunque, di pervenire ad una individuazione di esso palmo così come magari storicamente venuta a concretizzarsi nonché in varie aree geografiche. Traducendo cosi il primo termine non noto in uno noto, giungiamo ad attribuire propriamente una misura a quella "X".  Potremmo, applicando lo stesso criterio precedente, reputare altresì uno stadio di 100 m o anche di 200 in base alle nostre conoscenze a cominciare da quelle classiche. Come faremo a conoscere la misura della parasanga, che identifichiamo come terzo termine non noto indicato magari con “z” e per il quale non abbiamo elementi con i quali pervenire ad una sua identificazione? A essere data è una relazione. Ove fosse lineare essa parasanga dovrebbe risultare di tanto più grande di quanto lo sia esso stadio rispetto al palmo. A valere potrebbe essere una progressione diversa così come pensata dall’autore del testo e comunque tale da rendere essi termini tutti rispetto ad un infinito minimali e quasi confondersi tra loro non risultando rilevante quella differenza pure, per il resto, constatata effettiva. Se consultassimo solo il vocabolario per conoscere il termine ignoto, non perverremmo alla logica sulla quale il messaggio fa leva. La stessa etimologia, che potrebbe, come spesso accade, sopperire non ci fornirebbe quanto può emergere dalla relazione. Per la logica, invece, recuperata può potenziarsi quello sviluppo che porta lo studente ad affrontare elementi non noti in quale che sia l'ambito che si troverà ad affrontare. Questo è il lavoro al quale deve indirizzare quella scuola che vuole porsi al di là di una erudizione che già Cartesio aveva rilevato quasi inutile al punto da portarlo a reimpostare l'intero discorso conoscitivo.

venerdì 1 marzo 2019

IL RAGIONAMENTO IN NEGATIVO

Cosa significa ragionare in negativo? Può tale modalità risultare vantaggiosa? Quando ci si accinge ad affrontare un argomento sino ad allora ignoto, l’individuo è solito compararlo a conoscenze già acquisite. La mente, che procede, dunque, col porsi domande alle quali risulta impossibile rispondere, tenta, per risolvere il problema, di concretizzare una tesi basata su elementi noti, opposti a quelli presenti nella questione in esame. Ne emerge un’argomentazione contraria a ciò che si vuole delineare, dalla quale consegue un ribaltamento dei termini analizzati, col fine di pervenire significato dell’oggetto in esame aggirando l’ostacolo.

Emblematico, tuttavia, al riguardo, risulta quell’impostazione incentrata su una sensibilità. Una persona che non si preoccupasse di colui che si dispone di fronte rappresentando ciò solo un fatto direbbe a chi avesse parcheggiato non secondo le norme una macchia davanti al proprio garage: C’è un garage: Non può parcheggiare. Configurazione questa che possiamo ritenere “in positivo” Posto un fatto a conseguirne sono rilevamenti.  Proviamo ad analizzare quest’altra situazione: Un’altra persona vede la macchina parcheggiata che similmente ostruisce la porta del proprio garage. Guarda, osserva, magari sbuffa e si chiede come mai. Pensa che magari sia capitato inconveniente da ritenere una tantum. Allora che un tale fatto si ripeta comincia a preoccuparsi eppure aspetta che una risoluzione di produca. Dopo il ripetersi di un tale evento prorompe magari dicendo: Vorrei che tenesse conto che c’è un garage! Con un tale atteggiamento si affida alla sensibilità e alla ragione dell’altro. A essere posto in essere in questo caso è una considerazione in negativo. A non risultare espresso è alcunché poiché a essere richiamato è l’altro in quella che è ritenuta una universalità nella quale non appare possibile non potersi incontrare. Con il negare quanto non può essere mantenuto costui fa appello a quella sensibilità e ragione universali nelle quali appunto riconoscersi così come portatrici di un essere.

Francesco D’Andrea e Chiara De Mizio, III C, da una lezione del prof. Addona


IL LINGUAGGIO: Codice A e codice B
Noi non abbiamo il testo originale della Commedia di Dante, ma tra i codici più antichi, a noi pervenuti, risalenti al ‘500, vi è la testimonianza dell’utilizzo della lettera “O” da parte delle aree meridionali; analogamente nelle zone settentrionali risulta evidente la traslitterazione del medesimo grafema in “U”. L’amanuense, infatti, nell’atto di trascrizione, riportava fonemi secondo un processo mentale, condizionato dalla propria cultura linguistica.
 Esempio:
O I DISSI O BEN S’IMPINGUA”      Secondo il Codice A
  U I DISSI U BEN S’IMPINGUA”     Secondo il Codice B
Assunta tale abitudine convenzionale, emerge chiaramente che lo storico sia in grado di avvalersi in primis della linguistica per identificare elementi propri di determinate aree geografiche.
Letizia Coretti, V G.