giovedì 30 aprile 2015

Kant in breve, anche se in breve non lo si può licenziare

Tenuto conto che i risultati rappresentano forse la morte della filosofia che è ricerca viva dei passaggi anche incompleti, proponiamo una sintesi dell'analitica trascendentale di Kant al solo fine di tranquillizzare probabilmente gli studenti che già si sono impegnati nel tentativo di enuclearne le tematiche e le problematiche portanti.
Kant è sicuramente ricordato quale uno dei filosofi illuministi più importanti, il professore, infatti, quando lo aveva proposto, aveva fatto respirare quest'aria, altri invece li ricordano come colui che quando usciva per la passeggiata, la gente regolava l'orologio. Qualche altro ricorda pure un trascendentale a lui riconducibile, che però non ha capito bene cosa volesse significare questa parola. Strano! Chi non ha sentito dire anche da persone non addentro alla disciplina: "Questo non è niente di trascendentale!" Oramai dovrebbero conoscerlo tutti? Dopo questo discorso "semiserio" vediamo di tracciare in breve il primo percorso critico di questo filosofo. Formatasi già in maniera impeccabile, la madre era pietista, affronta studi di teologia, fisica, matematica, metafisica e altro. Sembra che alla fine non abbia più toccato libri di filosofia ma fatto diventare filosofico tutto ciò che incontrava. E' il caso di osservare come gli studi di filosofia non possano essere scissi da quelli di altre discipline condotti tuttavia con criteri logici e criticamente ricondotti. Dopo la "metafisica" respirata nel suo ambiente universitario, incontra la filosofia di Hume che lo sveglia dal "sonno dogmatico". Si trova così ad un bivio, senza però che nessuna delle due strade possa condurlo a quella conoscenza scientifica che rincorreva e che prende a modello dalla matematica. Si chiede così perché la matematica è scienza. E' suo l'esempio oramai diventato famoso del 7 + 5 = 12. Lui è convinto che il 12 derivi come una conoscenza aggiuntiva dal 7 e dal 5 che si aggiunge, ritenuti a priori. Qualcuno potrebbe obiettare che anche il 12 si presenti immediatamente noto, basta pensare però ad un numero più grande per rendersi conto che bisogna procedere con  la somma per averlo. Esempio pratico: 3727,3 + 5824,5. Si percepisce immediatamente che senza procedere alla somma il risultato non appare. (Chi non volesse distrarsi può tralasciare questo breve inciso critico che porterebbe comunque ad un discorso molto più complesso che accenniamo soltanto. Lo stesso 7 e 5 sarebbero da valutare se a priori o meno o come pervenuti ad espressione. Per un approfondimento a riguardo vedasi: Giuseppe Addona: "Conoscenza e ragione" in corso di pubblicazione Edimedia. Passa a valutare poi i giudizi analitici, quale quello emblematico: il triangolo ha tre angoli. In questo non è espresso altro che quello che già è contenuto nel concetto, infatti la figura è un tri-angolo. La necessità che emerge è evidente, ma non si procede nella conoscenza; infatti non è contenuto alcunché di ulteriore. Non sono questi i giudizi sui quali farà leva la scienza. I giudizi sintetici invece aggiungono qualcosa, quindi portano avanti la conoscenza, ma non risultano necessari. La maglia di Antonio risulta grigia solo dopo che l'ho vista, ma potrebbe essere stata anche di un colore diverso. Nemmeno questi giudizi dunque possono portare alla scienza perché privi di necessità. Ecco allora che arriva a ritenere che per procedere in termini scientifici bisogna far leva su giudizi che presentano le caratteristiche di entrambi i precedenti, ovvero devono risultare sia sintetici che a priori e che appunto denomina sintetici a priori.
Passa ad affrontare il discorso sulla realtà esterna, ovvero sull'oggetto. Anch'egli è convinto che non sia conoscibile. A questo punto tenta la famosa "rivoluzione copernicana". (Solo per chi volesse approfondire, gli altri possono andare direttamente a quanto affrontato dopo la parentesi, è il caso di far presente come Copernico sia potuto pervenire a una siffatta considerazione. Vi siete mai chiesti infatti come gli antichi potevano pervenire ad ipotesi relative ai movimenti astrali? Loro non stavano fuori dal sistema. Basta pensare a quando noi eravamo bambini e vedevamo il sole prima da una parte e poi dall'altra al punto che pensavamo che il sole si muovesse. Perché arriviamo a pensare poi che non sia il sole a muoversi? Perché vedendo altri elementi che chiamiamo stelle e che similmente vediamo muoversi, non riusciamo a comprendere la loro posizione. A un certo punto tracciamo anche per loro un ipotetico percorso. I due percorsi, ai quali si potrebbe aggiungere un terzo, non riescono però ad essere spiegati mantenendo fermo il punto di osservazione. A quel punto provo a ribaltare i termini e a pensare ad uno spostamento di questo punto, ovvero ad ammettere che la terra ruoti. Prendendo come riferimento altro, cerco di individuare i punti di osservazione, il congiungimento dei quali mi fornisce quello che traccio come percorso.) Anche Kant quindi ribalta i termini e arriva a trovare quelle che chiama "forme a priori": spazio e tempo. Io non potrò mai conoscere quindi quello che è l'oggetto in sé ma solo quello che si presenta, che appare, che si manifesta. Il tempo, similmente a priori, recepisce quello che viene a collocarsi dunque in un prima e in un poi.
Antonio Coppola

martedì 28 aprile 2015

ESPERIENZA, ARTE-SCIENZA  
Aristotele si sofferma su arte e scienza, e osserva come solo quella conoscenza che è in grado di andare al di là del particolare e dell’enumerazione dei singoli dati concreti, sia in grado di fornire la spiegazione sul “perché” delle cose e, quindi, come solo la filosofia possa definirsi scienza della verità. Alla base di tutto però ci deve essere l’esperienza, che deve formare un giudizio che possa essere valido per tutti quanti i casi simili. Proponendo qualche esempio, Aristotele si rifà all’arte medica: l’infermiere infatti può superare il medico pur non conoscendo la logica generale con la quale interviene nel curare un malato, ma non considerando la casistica generale non può allargare il discorso e si fermerà alla singola esperienza che però non è applicata a tutti i casi. Quindi ad esempio un medicinale se somministrato da un non professionista può ben risolvere il problema anche molto in fretta ma solo perché, magari, il cuore o altri organi hanno retto. Non è stato tenuto conto infatti delle controindicazioni ovverosia del contesto generale. Emerge dunque come l’arte da Aristotele individuata come conoscenza universale può essere intesa quale oggi la scienza. Se si preferisce chi conosce la teoria a colui che porta avanti una pratica pure bisogna considerare i particolari. Di tanto dovrebbe tenere conto la scuola. Laddove si studia solo la teoria si va incontro a siffatti inconvenienti. Similmente coloro che si dedicassero solo ad una pratica perderebbero di vista il discorso generale dalla scienza portata avanti e che rappresenta la conoscenza per eccellenza da auspicare è allora il legame tra teoria e pratica. Solo la prima, infatti, fa conoscere la causa, quindi il perché delle cose, e se non la conoscessimo diventerebbe tecnica che rappresenta la brutta copia dell’esperienza. L’insegnante deve far capire non i fatti, ma come essi sono avvenuti evitando l’uso di molti esempi. Come sostiene Kant infatti, quando qualcuno, spiegando, è costretto a fare molti esempi uccide la teoria. Dunque coloro che posseggono l’arte, ovvero la scienza, sono capaci di insegnare, mentre i cosiddetti “empirici” non sono in grado. Una domanda da farsi allora sarà: “quanti empirici ci saranno in giro?”  
Raffaele Gambarota IC

Eugenio Tiso IC