venerdì 13 aprile 2018



LA MATEMATICA COME CONVENZIONE NON RICOLLEGABILE ALLA REALTÀ

Ricollegandoci al discorso dell'intersoggettività e dell'errato utilizzo del termine oggettività, possiamo analizzare anche la matematica ed in particolare la definizione di numero. Alcuni ritengono che il numero sia un ente reale e razionale, commettendo un grave errore: è semplicemente un ente convenzionale adoperato dalla comunità per esprimere un concetto intersoggettivo quale rappresentato appunto dal numero. Noi abbiamo la certezza che ciò che noi identifichiamo con tre sia realmente equivalente a quella determinata quantità; ne consegue che non esiste qualcosa di assoluto; una verità data ma semplicemente una verità per molti o anche per tutti gli esseri razionali che sono pervenuti a recepire quel sistema costituito da quel tipo di comunicazione. Non possiamo nemmeno ritenere che esista una precisione. Compiendo un esperimento, la scienza moderna approda ad una formula matematica per cercare di spiegare un fenomeno. Al contrario, con questa, si accinge a recepire un procedimento. Appare impossibile che la realtà possa essere letta interamente con gli strumenti dalla matematica approntati. Risulterebbe strano che essa realtà possa risultare corrispettvo di un qualcosa predisposto a cominciare da un metro. La misurazione, infatti, non rappresenta altro che un sistema che si approccia ad un altro sistema nemmeno tuttavia pensabile già come tale. (Allora che usiamo il sistema decimale non potremo che ottenere risultati da esso dipendenti, ad emergere cioè non saranno i centesimi. Nel momento che ne approntiamo uno centesimale, lasceremo fuori quanto esso non può misurare e così via. Noi non avremo, dunque, mai dati certi ed inconfutabili, perchè ci sarà sempre un margine di errore e di imprecisione.

Chiara De Mizio, IIC





LA DIFFERENZA TRA ANALISI FILOSOFICA E OPINIONE POPOLARE

Analizzando un testo del filosofo David Hume, riguardante la critica al concetto di sostanza, possiamo notare la concezione che diversifica quella che possiamo ritenere una persona non addentro alla scienza e quello che perviene a concepire la filosofia. Osservando un qualcosa, quale potrebbe essere un isolotto, alquanti non prendono in considerazione se stessi. In una siffatta modalità la ricezione si connota quasi come un assoluto ovvero semplicemente per se stessa così come constatata presentarsi di fronte. Sono pervenuti, tali esistenti, infatti, a ritenere esso isolotto quale un oggetto. Costoro non prendono in considerazione la relazione soggetto-oggetto. Il semplice fatto di averlo percepito con la vista basta a far ritenere loro che quello è un oggetto che semplicemente esiste. Ad una indagine filosofica invece ad emergere è la stessa relazione. Il soggetto arriva a considerare che è esso a percepire un tale isolotto e in quei termini. Tanto indirizza a valutare i risultati tenendo conto delle condizioni. Se un errore arriva a dipendere da queste può essere probabilmente riscontrato e forse anche risolto. A emergere, dunque, è l'importanza di una ricerca, per la quale a derivare è una consapevolezza dei termini in campo.

Chiara De Mizio, IIC da una lezione del prof. Addona


AL DI LÀ DELL'OGGETTIVITÀ: IL RECUPERO DELLA SOGGETTIVITÀ

Possiamo notare, dopo Cartesio, i filosofi fanno leva sull'Io e sulla percezione o appercezione di questo. L’oggettività lascia il posto alle condizioni conoscitive a esso io riconducenti. A presentarsi, da Kant in poi è una intersoggettività, rappresentata da quelle individuazioni che sono constatate essere comuni tra soggetti: il colore giallo ad esempio è definito tale perché la comunità dopo averlo indicato come tale lo riconosce. Tanto non sta a significare che quella sia la sua realtà, ma semplicemente risulta recepito in siffatti termini intersoggettivamente e, in ultimo, per convenzione. Su siffatte condizioni procede quella conoscenza con quanto arriva a essere ritenuto scientifico perché misurabile per quei parametri e controllabile.

Chiara De Mizio, IIC