martedì 25 settembre 2018

FURBIZIA

Possiamo considerare furbizia quell’intelligenza limitata e comunque applicata per ottenere un fine personale scavalcando quella di altri, ritenuti potere essere usati.

La differenza tra un furbo e un intelligente non è, tuttavia, data da una quantità di essa facoltà a comprendere, ma il modo in cui viene applicata o, più specificamente, l’ancoraggio ovvero ancora e propriamente il fine per il quale risulta posta in essere. L’intelligente come razionalità che si dispiega per l’apertura peculiare a un siffatto pensiero risulta consapevole che di fronte a sé ci sia una persona con la quale interagire e non un oggetto da raggirare. Il suo obiettivo non è costituito, dunque, dal raggiungimento di scopi particolari perché essa ragione di configura in quella universalità nella quale rientra la persona che sta di fronte. Da considerare altresì è ancora il fatto che non presentandosi essa facoltà vincolata alle ristrettezze nelle quali è visto muoversi esso esistente arriva a percorrere spazi dai quali emergere visioni più ampie così che a beneficiarne sono le stesse intuizioni generali. È il caso di ricordare quanto constatato da Platone a proposito di quei giovani buoni e timidi rispetto a quegli altri che sembravano avere il mondo tra le mani. Quando però quelli, avendo conosciuto attraverso essi altri le cattiverie che il loro animo non concepiva, mettendo insieme i termini pervenivano a ribaltare la situazione, risultando gli altri limitati e letti così come un libro, emergendo così come ridicoli nelle loro meschine macchinazioni che non potevano realizzarsi in alcun modo.

Una lezione del prof. Addona riportata da Francesco Boscaino, I C.