domenica 25 ottobre 2015

LO SAPEVI CHE...

Il problema di fondo della filosofia è che partendo da un solo principio è difficile andare avanti a spiegare ciò che ne deriva, mentre partendo da più principi è più semplice proseguire, ma più complesso tornare indietro all'origine di tutto il discorso

Elisabetta De Vivo IIC

martedì 6 ottobre 2015

Epicuro: Il timore della morte è immotivato

Secondo il prof. Addona è probabile che Epicuro, constatando quelle che sono le caratteristiche dell’essere animato, che si muove, percepisce e avverte, recepisce quelle dell’essere inanimato, che però è corpo. Se corpo è sia l’uno che l’altro, la differenza la fa l’anima. A questo punto deve riammettere un qualcosa, un quid, ovvero una X per la quale possa darsi una spiegazione. Di cosa? Di sentire, muoversi, percepire, funzioni proprie di un “animato”. Si tratta dunque di inserire una “anima”. Può essere l’anima di diversa composizione, che non sia quella di un aggregato di corpi che ha messo come base? No, dovrebbe cambiare la sua filosofia di fondo che ammette solo corpi e vuoto, nel quale si possono muovere. Con coerenza, quindi, pensa ed ammette un’anima formata di corpi, ma più piccoli, più sottili. Da qui, la definizione dell’anima come corpo sottile sparso per tutto l’organismo. Vi è la necessità di prendere qualcosa che sembra sfuggire al corpo. Vediamo come Epicuro si sforzi di cercare il diverso al quale affidare la spiegazione, giustamente se tutto è uguale come si fa a trovare la motivazione? Ma se qualcosa è interamente diverso non è un principio perché presenta due elementi, se gli elementi sono due non può essere un principio.


-        Da una lezione del Prof. Addona. Appunti riportati da Alessio Cece, II C.

lunedì 14 settembre 2015

COME STUDIARE..



Studiare

nè più di quanto una logica possa correlare

nè meno di quello che una riflessione arrivi a sostenere. 

Anche affermazioni che possono risultare affascinanti e portare a risultati molto consistenti, non devono restare escluse da una riflessione solo dalla quale è possibile recuperare criticamente qualcosa al di là delle oggettivazioni che rappresentano la morte della cultura.

Giuseppe Addona

Commento:
Sarebbe inutile studiare cercando di spingersi oltre ciò che possiamo recepire tramite le condizioni di base. Tentiamo di analizzare le singole parti affinché possa risultare ridotto il numero degli errori che puntualmente non è possibile allontanare dalle varie indagini, anche più approfondite come Popper ha fatto emergere.
Vogliamo soffermarci a valutare cosa significa 'correlare'?
Significa non solo unire, ma aggiungere qualcosa alla base che possa portarci ad una conoscenza valida.
Come ci insegna il grande Kant: la sola esperienza, anche aggiunta ad altre esperienze, non porta alla scienza.
In questo contesto sembrerebbe da ricercare la parte che ci rappresenta unitamente a ciò che si aggiunge discernendo il tutto da quello che riesce ad esprimersi ancora come soggetto (Conoscenza e Ragione, G.Addona).
Forse proprio tanto può rappresentare il senso di quel sostenere che pure non risulta immobile, ma si proietta in un percorso culturale che è quello che interessa ciascuno studente al quale auguriamo un proficuo studio e un buon inizio di anno scolastico.
 Antonio Coppola, Benedetta Russo IIIF









giovedì 30 aprile 2015

Kant in breve, anche se in breve non lo si può licenziare

Tenuto conto che i risultati rappresentano forse la morte della filosofia che è ricerca viva dei passaggi anche incompleti, proponiamo una sintesi dell'analitica trascendentale di Kant al solo fine di tranquillizzare probabilmente gli studenti che già si sono impegnati nel tentativo di enuclearne le tematiche e le problematiche portanti.
Kant è sicuramente ricordato quale uno dei filosofi illuministi più importanti, il professore, infatti, quando lo aveva proposto, aveva fatto respirare quest'aria, altri invece li ricordano come colui che quando usciva per la passeggiata, la gente regolava l'orologio. Qualche altro ricorda pure un trascendentale a lui riconducibile, che però non ha capito bene cosa volesse significare questa parola. Strano! Chi non ha sentito dire anche da persone non addentro alla disciplina: "Questo non è niente di trascendentale!" Oramai dovrebbero conoscerlo tutti? Dopo questo discorso "semiserio" vediamo di tracciare in breve il primo percorso critico di questo filosofo. Formatasi già in maniera impeccabile, la madre era pietista, affronta studi di teologia, fisica, matematica, metafisica e altro. Sembra che alla fine non abbia più toccato libri di filosofia ma fatto diventare filosofico tutto ciò che incontrava. E' il caso di osservare come gli studi di filosofia non possano essere scissi da quelli di altre discipline condotti tuttavia con criteri logici e criticamente ricondotti. Dopo la "metafisica" respirata nel suo ambiente universitario, incontra la filosofia di Hume che lo sveglia dal "sonno dogmatico". Si trova così ad un bivio, senza però che nessuna delle due strade possa condurlo a quella conoscenza scientifica che rincorreva e che prende a modello dalla matematica. Si chiede così perché la matematica è scienza. E' suo l'esempio oramai diventato famoso del 7 + 5 = 12. Lui è convinto che il 12 derivi come una conoscenza aggiuntiva dal 7 e dal 5 che si aggiunge, ritenuti a priori. Qualcuno potrebbe obiettare che anche il 12 si presenti immediatamente noto, basta pensare però ad un numero più grande per rendersi conto che bisogna procedere con  la somma per averlo. Esempio pratico: 3727,3 + 5824,5. Si percepisce immediatamente che senza procedere alla somma il risultato non appare. (Chi non volesse distrarsi può tralasciare questo breve inciso critico che porterebbe comunque ad un discorso molto più complesso che accenniamo soltanto. Lo stesso 7 e 5 sarebbero da valutare se a priori o meno o come pervenuti ad espressione. Per un approfondimento a riguardo vedasi: Giuseppe Addona: "Conoscenza e ragione" in corso di pubblicazione Edimedia. Passa a valutare poi i giudizi analitici, quale quello emblematico: il triangolo ha tre angoli. In questo non è espresso altro che quello che già è contenuto nel concetto, infatti la figura è un tri-angolo. La necessità che emerge è evidente, ma non si procede nella conoscenza; infatti non è contenuto alcunché di ulteriore. Non sono questi i giudizi sui quali farà leva la scienza. I giudizi sintetici invece aggiungono qualcosa, quindi portano avanti la conoscenza, ma non risultano necessari. La maglia di Antonio risulta grigia solo dopo che l'ho vista, ma potrebbe essere stata anche di un colore diverso. Nemmeno questi giudizi dunque possono portare alla scienza perché privi di necessità. Ecco allora che arriva a ritenere che per procedere in termini scientifici bisogna far leva su giudizi che presentano le caratteristiche di entrambi i precedenti, ovvero devono risultare sia sintetici che a priori e che appunto denomina sintetici a priori.
Passa ad affrontare il discorso sulla realtà esterna, ovvero sull'oggetto. Anch'egli è convinto che non sia conoscibile. A questo punto tenta la famosa "rivoluzione copernicana". (Solo per chi volesse approfondire, gli altri possono andare direttamente a quanto affrontato dopo la parentesi, è il caso di far presente come Copernico sia potuto pervenire a una siffatta considerazione. Vi siete mai chiesti infatti come gli antichi potevano pervenire ad ipotesi relative ai movimenti astrali? Loro non stavano fuori dal sistema. Basta pensare a quando noi eravamo bambini e vedevamo il sole prima da una parte e poi dall'altra al punto che pensavamo che il sole si muovesse. Perché arriviamo a pensare poi che non sia il sole a muoversi? Perché vedendo altri elementi che chiamiamo stelle e che similmente vediamo muoversi, non riusciamo a comprendere la loro posizione. A un certo punto tracciamo anche per loro un ipotetico percorso. I due percorsi, ai quali si potrebbe aggiungere un terzo, non riescono però ad essere spiegati mantenendo fermo il punto di osservazione. A quel punto provo a ribaltare i termini e a pensare ad uno spostamento di questo punto, ovvero ad ammettere che la terra ruoti. Prendendo come riferimento altro, cerco di individuare i punti di osservazione, il congiungimento dei quali mi fornisce quello che traccio come percorso.) Anche Kant quindi ribalta i termini e arriva a trovare quelle che chiama "forme a priori": spazio e tempo. Io non potrò mai conoscere quindi quello che è l'oggetto in sé ma solo quello che si presenta, che appare, che si manifesta. Il tempo, similmente a priori, recepisce quello che viene a collocarsi dunque in un prima e in un poi.
Antonio Coppola

martedì 28 aprile 2015

ESPERIENZA, ARTE-SCIENZA  
Aristotele si sofferma su arte e scienza, e osserva come solo quella conoscenza che è in grado di andare al di là del particolare e dell’enumerazione dei singoli dati concreti, sia in grado di fornire la spiegazione sul “perché” delle cose e, quindi, come solo la filosofia possa definirsi scienza della verità. Alla base di tutto però ci deve essere l’esperienza, che deve formare un giudizio che possa essere valido per tutti quanti i casi simili. Proponendo qualche esempio, Aristotele si rifà all’arte medica: l’infermiere infatti può superare il medico pur non conoscendo la logica generale con la quale interviene nel curare un malato, ma non considerando la casistica generale non può allargare il discorso e si fermerà alla singola esperienza che però non è applicata a tutti i casi. Quindi ad esempio un medicinale se somministrato da un non professionista può ben risolvere il problema anche molto in fretta ma solo perché, magari, il cuore o altri organi hanno retto. Non è stato tenuto conto infatti delle controindicazioni ovverosia del contesto generale. Emerge dunque come l’arte da Aristotele individuata come conoscenza universale può essere intesa quale oggi la scienza. Se si preferisce chi conosce la teoria a colui che porta avanti una pratica pure bisogna considerare i particolari. Di tanto dovrebbe tenere conto la scuola. Laddove si studia solo la teoria si va incontro a siffatti inconvenienti. Similmente coloro che si dedicassero solo ad una pratica perderebbero di vista il discorso generale dalla scienza portata avanti e che rappresenta la conoscenza per eccellenza da auspicare è allora il legame tra teoria e pratica. Solo la prima, infatti, fa conoscere la causa, quindi il perché delle cose, e se non la conoscessimo diventerebbe tecnica che rappresenta la brutta copia dell’esperienza. L’insegnante deve far capire non i fatti, ma come essi sono avvenuti evitando l’uso di molti esempi. Come sostiene Kant infatti, quando qualcuno, spiegando, è costretto a fare molti esempi uccide la teoria. Dunque coloro che posseggono l’arte, ovvero la scienza, sono capaci di insegnare, mentre i cosiddetti “empirici” non sono in grado. Una domanda da farsi allora sarà: “quanti empirici ci saranno in giro?”  
Raffaele Gambarota IC

Eugenio Tiso IC 

martedì 17 marzo 2015

Platone e il concetto di giustizia nella società contemporanea
Perché non può esserci una società di ladri
Per Platone la giustizia è l’armonia tra le facoltà dell’anima e anche tra le classi di cittadini, in quanto assegna ad ogni facoltà oppure ad ogni classe sociale quello che a ciascuno spetta, come attuazione del proprio compito. In termini moderni, in una società di stampo capitalista o socialista che sia, giustizia significa fissare dei parametri e impegnarsi affinché questi vengano rispettati; naturalmente, ciò è compito dello stato che ha il dovere innanzitutto di capire cosa è giusto e cosa non lo è, per mezzo della virtù (secondo Platone, conoscenza del bene e del male), e successivamente è tenuto ad applicare la giustizia tenendo conto dei parametri stabiliti.
Stabilire particolari regole e governare in base ad esse - è importante evidenziare - è necessario poiché quello stato che non si attenesse vi siete mai chiesti cosa accadrebbe? Anche in un’associazione criminale allora che non venissero fissate delle regole, norme alle quali attenersi, cosa ne conseguirebbe? Sicuramente non verrebbero definiti i ruoli di ognuno, si creerebbe un caos che non permetterebbe alla “banda” di attuare i propri loschi intenti; in parole povere, ciascun membro potrebbe proclamarsi “capo”, arrivando così ad una sorta di guerra interna continua poiché in questa situazione ciascuno agirebbe secondo i propri interessi. Ebbene, anche associazioni di tal fatta si basano su talune regole le quali, proprio perché definiscono i ruoli all’interno del “clan” e soprattutto perché vanno contro le norme legali stabilite dallo stato, permettono lo svolgimento dell’attività illegale. Detto questo arriviamo al fulcro del nostro discorso: perché non può esistere una società di ladri? Semplice, abbiamo appena affermato che in qualsiasi stato o associazione c’è bisogno che vengano stabilite delle leggi, senza le quali è impossibile governare. Ora, se in uno stato il 100% della popolazione praticasse il mestiere del ladro, si arriverebbe al caos più totale, all’anarchia. In parole povere, se una persona “A”, per vivere, ruba un bene ad una persona “B”, quest’ultima, non essendoci leggi a cui appellarsi, non può che fare lo stesso nei confronti di “A” nonché di “C”, di “D” e di… ”n”, la quale da un lato trae vantaggio da ciò che ha sottratto e dall’altro è penalizzata da ciò che gli è stato sottratto. Possiamo notare con chiarezza che questa situazione surreale offre uno spunto interessante per sviluppare un’altra dottrina di Platone: la condanna del relativismo sofistico e per tracciare soprattutto una indicazione ai giovani contemporanei che si accingono ad entrare in una società della quale poi diventeranno parte maggiormente propositiva. Tenendo presente la situazione appena descritta, chiunque potrebbe condannare o giustificare i comportamenti di “A” o di “B” a seconda di come appaiono ai suoi occhi, e allora da una situazione già surreale se ne creerebbe un’altra ancora più surreale. Ed ecco il contributo di Platone che, con la definizione di giustizia e con la condanna del relativismo, riesce ad essere incredibilmente attuale.


Alessio Cece, I C 

lunedì 2 marzo 2015

Validità della scuola ed impegno degli alunni a sostegno della società.

Quegli alunni che si preoccupassero di recuperare risultati da proporre alle interrogazioni passando sopra i processi che li hanno portati a raggiungerli, perderebbero quanto di più peculiare investe la conoscenza. Quello che il giovane porterà nella sua ricerca da adulto è proprio la capacità a gestire procedimenti pur  nella consapevolezza che questi stessi sono in svolgimento e  la cui validità è dunque da ricercare continuamente come Socrate aveva additato. E' questo il ruolo di quella ricerca critica che si dice filosofia e che quantomeno può risultare propedeutica alle varie discipline universitarie non appena queste si dedichino ad approfondire gli elementi e le condizioni su cui poggiano. Un tale atteggiamento vale altresì in società non appena ci si presenta per incontrare gli altri e costruire insieme quel piano sul quale risulti possibile un incontro. Ristretto quanto si voglia, questo pure può rappresentare il superamento di  quell'individualismo che pone gli uni di fronte agli altri in una lotta spesso solo evitata per abitudini o opinioni che tendono ad una pace senza una comprensione critica della validità o della necessità che portano con loro. Una scuola quindi che si propone di stimolare o produrre cultura non può fermarsi a risultati o a contenuti misurati con un voto magari da ostentare tra gli amici di famiglia, quando non in un ambiente più vasto. L'istituzione scolastica chiamata dunque a promuovere la crescita "umana e critico culturale" degli alunni, vedrebbe sè stessa risospinta agli albori della Scolastica. E' appena il caso di citare che il celeberrimo Cartesio dopo gli studi al collegio di La Fleche, pur risultando per la considerazione degli altri l'allievo numero uno, riconobbe di non aver appreso altro che notizie al punto da doversi dedicare a quella cultura che fino ad allora gli era mancata. E noi dopo tanto vorremmo tornare indietro? Sappiamo invece su quale via incamminarci per andare avanti. Una scuola dunque che non si proponga di fornire materiali sui quali magari fissarsi, ma stimoli e vie che possano portare a consapevolezze sulle vie teoretiche e risultati in una pratica dalla quale la società possa recepire il minor numero di contraddizioni. Da una siffatta disponibilità ciascuno può aspettarsi una crescita insieme agli altri.

giovedì 19 febbraio 2015

Dove portano le bugie?

Vi siete mai chiesti dove possano portare le bugie? Facciamo una prova partendo da quello che può essere considerato il caso più emblematico che interessa soprattutto gli adolescenti. Se qualcuno pur di mettersi insieme alla persona che lo attrae si proponesse sciorinando caratteristiche che non gli appartengono, falsificando dunque la sua personalità, potrebbe magari con un tale o con altri artifici raggiungere il suo scopo. La ragazza, quindi, si troverebbe ad aver investito su qualcuno che non corrisponde a colui che si è manifestato. Potrebbe tuttavia costui che vede  esauditi i propri desideri ritenersi persona identificata, ovvero soggetto? Non appena tentasse un riconoscimento, si vedrebbe sdoppiato. Qualora allarghi la considerazione, non potrebbe non riconoscere l'impossibilità di un'espressione nella società. Su cosa infatti potrebbe questa risultare fondata? Per quanto attiene al rapporto instaurato, non potrebbe non tener conto altresì che le attenzioni non risultano rivolte a lui, ma al personaggio che si è impegnato a tratteggiare. La relazione, tra l'altro, si infrangerebbe non appena i termini nascosti vengono alla luce. Emblematiche sono le frasi "tu non sei quello che avevo conosciuto" ed altre similari. Avendo annullato sè stesso, non resterebbe a quella maschera che tuffarsi in un altro rapporto, altrettanto falsificante e poi restare comunque sola ammesso che abbia il tempo per constatarlo. Avendo ingannato altri, ha ingannato il suo stesso essere.
L'argomento è affrontato da Giuseppe Addona in "Conoscenza tra attività e correlazioni" in corso di pubblicazione.
Antonio Coppola II F

lunedì 19 gennaio 2015

A proposito di cultura e di metodi scolastici

L’insegnamento non deve essere semplicemente un insieme di contenuti offerti, poiché se così fosse verrebbe acquisito dagli alunni in modo passivo, senza soddisfare le richieste soggettive di base. Al contrario, deve proporsi di spiegare i meccanismi e i diversi approcci, a cominciare dal “perchè” di un determinato fenomeno, per poi poter interessare tutte le diverse categorie. Bisogna diffidare dunque da una cultura fondata su frasi del tipo “è così” o “si fa così” pronunciate con toni solenni, ma la cosa necessaria per una vera crescita culturale è comunicare le esperienze di altri proponendole nei loro passaggi, per far sì che possano diventare “soggettive”. Ad esempio, quando un professore spiega una lezione, non bisogna semplicemente recuperare la parte spiegata, ma percorrere la via che conduce alla logica portante dell’intero ragionamento. L’insegnamento si basa dunque sul proporre una via e le giuste condizioni per la trasmissione delle proposte. 
Preoccupante appare la situazione che siamo vivendo al giorno d’oggi in Italia e per esplicarla al meglio possiamo subito fornire un esempio.
Qualche tempo fa, un redattore capo di una tv mandò la sua troupe a fare un’intervista sulla scuola ad un professore. Queste furono le parole del professore: “Gli Stati Uniti, paese imperialista e capitalista sanno che che cultura è potere, tanto è che loro la misurano in termini economici: io rettore dell’università di Harvard, ad esempio, non posso permettermi il fisico numero due, ho bisogno del numero uno, altrimenti la mia università non è più la prima; faccio quindi un indagine di mercato e mi prendo il meglio per essere coerente. L’Unione Sovietica, dall’altra parte, appariva coerente con il proprio sistema: il bambino che aveva tendenze per la fisica, veniva selezionato e a spese dello Stato diventava, se continuo nella crescita, l'eventuale fisico numero uno del mondo. In Italia dove sembrava in vigore un sistema ibrido, non si sapeva se la cultura dovesse essere riservata ad alcuni in base al capitale o se offerta a tutti per il "socialismo" in atto. Tenuto conto allora, che cultura è potere, cosa ne conseguirebbe in uno Stato se una cultura fosse proposta su larga scala? Ovviamente sul mercato arriverebbero persone più preparate, l’industria se ne avvantaggerebbe ma chi ci perderebbe sarebbero coloro che hanno di più. Allora forse taluni ritengono di non far emergere una cultura a tutti, così che quelli allontanati possano risultare più facilmente gestibile.  Se cultura non ci fosse affatto allora società e Stati si troverebbero a dipendere da altri i quali, portando avanti le loro scoperte, arriverebbero a trattare le restanti parti quasi come colonie. Forse una via mediana è quella di produrre cultura, ma a pochi? In questo modo la società ritiene di salvarsi? Se questo è l'obbiettivo come si potrebbe raggiungere? Semplice. Se cultura è quella proposta dai docenti allora una parte dovrebbe produrre e l'altra mantenere. Inutile dire che l’intervista non è mai passata. Vogliamo provare a vedere invece cosa può derivare da un discorso culturale generale ed umano? Proprio in un tale contesto potrebbero essere sviluppate le potenzialità di tutti e corretti gli attriti per la considerazione che ad una sensibilità e ad una umanità appartiene. A riguardo basti tener conto di quanto ciascuno di noi almeno un momento di disponibilità è pronto ad esternare rispetto ad altri, nonchè, a livello scientifico prodotto in "che significa essere umano" elaborato dallo scienziato Nino B. Cocchiarella, presente sul suo sito o in versione italiana sul sito di Giuseppe Addona. Nonché trattato dallo stesso Giuseppe Addona in "La determinazione sociale dell'individuo quale soggetto in una dimensione umana e politica" Edimedia 2014. 

Ancora più grave risulta ciò che si può trovare scritto su alcuni libri scolastici, anche su quelli che vengono considerati come “i più famosi”. Leggendo su uno di questi una spiegazione su Bacone e Aristotele, troviamo scritto: ”L’induzione aristotelica era un’induzione puramente logica”,in realtà sappiamo che  Aristotele osservava e catalogava, quindi procedeva tramite esperienza. Aristotele non proseguiva pertanto solo a livello logico perché  erano gli Scolastici che tendevano a derivare conclusioni da assunti. Vogliamo chiederci quanto la scuola italiana sia andata oltre quella "schola", o forse regredita? Gli Scolastici almeno partivano dal testo per chiedersi i pro e i contra. Oggi invece spesso si fornisce la soluzione senza portare gli alunni a raggiungerla con il ragionamento. Tanto possiamo chiamarlo nozionismo o tecnica. Tornando a quel libro ipotetico, subito dopo  troviamo scritto che Aristotele andava a vedere i casi particolari. Non si rendeva conto quell'autore delle contraddizioni che forniva?  Se infatti si procede per logica, non si procede per esperienza e viceversa!  Se in un libro trovassimo questo ed altri errori di siffatto genere ed un professore non fosse in grado di capirli e di spiegarli agli alunni, questi ultimi apprenderebbero passivamente un risultato oltre che un metodo completamente errato. 
Invitiamo i ragazzi a esprimersi per procedere insieme. Aspettiamo i vostri commenti a questo articolo e ce n'è da dire...

Antonio Coppola II F

sabato 17 gennaio 2015

Filosofia,logica simbolica e matematica al servizio dell'interpretazione, partendo da un caso particolare:Bacone

Quando un'indagine diventa critica distinguendosi da una semplice conoscenza che possiamo definire meccanica,nozionistica o incamerata? Per affrontare al meglio il problema e poter fornire delle risposte, partiamo da un caso particolare: quello del filosofo Bacone. Quest'ultimo era convinto che ci fossero taluni ostacoli che deviassero la mente umana, già nel momento stesso in cui ci si accinge alla ricerca: i cosiddetti idoli. Ci dice che quattro sono i generi di idoli che assediano la mente umana ed ovviamente sono posti in negativo perché circoscrivono un qualcosa di vano, che porta lontano dalla retta via. 
1)idoli della tribù;
2)idoli della spelonca;
3)idoli del foro;
4)idoli del teatro.
Gli idoli sono negativi e per scacciarli dobbiamo fare leva su concetti ed assiomi per mezzo dell'induzione. Bacone è dunque un'empirista, infatti si basa su un'impostazione di tipo scientifico. 
Cerchiamo ora di capire cosa i quattro differenti tipi di idoli riguardano.  
Gli idoli della tribù sono fondati sulla stessa natura umana e sulla stessa tribù o razza umana;il senso non può essere misura delle cose,quello che pensi che come senso ti porta a comprendere la realtà,in verità ti porta a cogliere ciò che hai già predisposto come uomo e quello che conosci non è direttamente collegato all'esterno ma si deve alla tua predisposizione.
Gli idoli della spelonca sono quelle conoscenze che l'individuo non riesce a cogliere nella loro vera realtà e sono relativi alla sua particolare predisposizione, alla tipologia di uomo in quanto individuo. 
A questi si aggiunge quanto viene immagazzinato tramite la lettura di libri o conversazioni di piazza. Per verificare quanto risulta effettivo un tale 'indottrinamento' basta pensare a talune trasmissioni televisive dove si sciorinano fraseologie o assunti dati per scontati. Il danno che provocano è sotto gli occhi di tutti e porta a quello che si definisce "massificazione". 
Anche coloro che si sono tanto dedicati allo studio delle scienze della filosofia non sfuggono alla critica di Bacone, per il quale infatti tali menti vengono ancora deviate da significazioni che, producendosi nel tempo, arrivano ad essere considerate scontate. 
Dopo la pars destruens (ciò che deve essere distrutto) in cosa possono consistere le proposte? Cominciamo a fornire risposte che Bacone offre nel suo 'nuovo organo', chiamato così per differenziarlo dal vecchio strumento di Aristotele che secondo Bacone non procedeva eliminando i particolari per recuperare una conosceza su quello che restava. Gli assiomi non devono costituire una partenza gratuita ma pervenire ad essere individuati dopo un lavoro che porta alla generalizzazione. Ci sembra opportuno notare tuttavia che Aristotele non solo procedeva dal generale al particolare così, come è possibile leggere in alcuni manuali, ma confrontava le caratteristiche dei singoli elementi per arrivare,dopo la specie,al genere superiore. Dopo Bacone, l"indagine scientifica" che con Popper arriva a teorizzare validità ed errore pure sembra bisognare ancora di un'indagine filosofica con la quale individuare quanto ogni conoscenza, nonché ogni scienza, sembrano tralasciare. Un sapere che non partisse da una lettura del testo, che non affrontasse i pro e i contra o quanto possa reggere, ma risultasse semplicemente acquisito o trasmesso, si spingerebbe più indietro di quella che già era una cultura di scuola rappresentata dalla Scolastica. Quindi una moderna indagine non può che affrontare almeno quello che può reggere perché non presenta contraddizioni, quanto risulta semplicemente assunto senza presupposti e quanto dunque sembra opportuno ai partecipanti produrre quanto meno in talune possibilità se non in una completezza o concretezza. 
Anche i nomi a volte sono periscolosi perché danno per scontato un qualcosa che scontata non è perché esprimono un discorso che è in costruzione. Tante sono le variabili che la conoscenza si trova ad affrontare, non semplici,speriamo almeno di averne delineato una piccola via che pure deve cercare di farsi strada in tanta vana gloria culturale,pure da alquanti espressa come il patrimonio più prezioso che possa essere fornito. 
Fiorentino Di Iorio
Antonio Coppola 
II F