lunedì 15 gennaio 2018

UNA INDAGINE FILOSOFICA SUL BULLISMO

Ad una prima osservazione sembrerebbe che quelli che fanno i bulli è perché non si sentono realizzati ovvero non risultano appagati per un loro essere ma hanno bisogno di sentirsi importanti confrontandosi con altri che arrivano ad affondare e ad offendere ovverosia, in ultimo, ad oltraggiare. Chi infatti tende a cogliere un proprio essere ad valutare altresì continuamente perché possa reggere rispetto alle contraddizioni che, in caso contrario, pervengono ad annullarlo, non ha bisogno di comportarsi in modo da oltraggiare gli altri né vale il riscontro fornito da altri che arrivano ad inserirsi in quella tipologia. Costoro tutti insieme non rappresentano né una validità né soprattutto quella generalità che può emergere da una riflessione prima ancora che da una riconduzione per la quale a essere trovata è l’universalità da una ragione rappresentata.

Chi bullizza, dunque, naviga nel particolare incentrato su un Ego che tende ad espandersi e però addirittura in negativo: costui non si preoccupa, infatti, di incrementare un proprio esistere ma di abbassare e ergersi dunque su chi di fronte arriva a essere considerato tanto inferiore fino a essere ritenuto un diverso sul quale ogni azione, anche violenta, sia morale che materiale, è ritenuta possibile e forse anche dovuta. Proprio la limitatezza in cui naviga lo porta a doversi sentire superiore in un percorso né autonomo né appagato. Autonomia che non significa solipsismo poiché a essere interessata è quella ragione che accomuna fino a prospettarsi come avvertire umano, fatto questo, propriamente, attenere ad una sensibilità.

Tu dunque che aspiri a sentirti superiore e ti impegni ad inventare nuove scene a partecipazione delle quali chiami amici e conoscenti, significa che non ti riconosci in una dimensione generale quale un soggetto tra gli altri soggetti. Hai bisogno di arrampicarti sulla cavia di turno per sentirti diverso. Non al tuo buonismo ci rivolgiamo, ma a una valutazione che tu possa portare avanti. Ove ti spingessi avanti con una indagine potresti facilmente rilevare che a essere chiamati in causa sono quantomeno due gruppi. Quello di coloro che vuoi affossare e quello costituito da coloro ai quali ti rivolgi perché approvino o addirittura godano del tuo operato che, dobbiamo ritenere, consideri, più che probabilmente, splendido e tale da ottenere plausi.

Chi è appagato in se stesso non ha bisogno di rifarsi su persone ritenute più deboli e che debbono fare da vittime per la tua realizzazione che diventa ridicola appena a presentarsi è quella consapevolezza, solo per la quale è possibile sperare in un’umanità effettiva come riscontro per l’altro che è un altro se stesso. Tanto emerge in termini scientifici nei quali speriamo di incontrare te insieme a tutti gli altri.

Mariagiulia Zitolo II C