venerdì 1 marzo 2019

IL RAGIONAMENTO IN NEGATIVO

Cosa significa ragionare in negativo? Può tale modalità risultare vantaggiosa? Quando ci si accinge ad affrontare un argomento sino ad allora ignoto, l’individuo è solito compararlo a conoscenze già acquisite. La mente, che procede, dunque, col porsi domande alle quali risulta impossibile rispondere, tenta, per risolvere il problema, di concretizzare una tesi basata su elementi noti, opposti a quelli presenti nella questione in esame. Ne emerge un’argomentazione contraria a ciò che si vuole delineare, dalla quale consegue un ribaltamento dei termini analizzati, col fine di pervenire significato dell’oggetto in esame aggirando l’ostacolo.

Emblematico, tuttavia, al riguardo, risulta quell’impostazione incentrata su una sensibilità. Una persona che non si preoccupasse di colui che si dispone di fronte rappresentando ciò solo un fatto direbbe a chi avesse parcheggiato non secondo le norme una macchia davanti al proprio garage: C’è un garage: Non può parcheggiare. Configurazione questa che possiamo ritenere “in positivo” Posto un fatto a conseguirne sono rilevamenti.  Proviamo ad analizzare quest’altra situazione: Un’altra persona vede la macchina parcheggiata che similmente ostruisce la porta del proprio garage. Guarda, osserva, magari sbuffa e si chiede come mai. Pensa che magari sia capitato inconveniente da ritenere una tantum. Allora che un tale fatto si ripeta comincia a preoccuparsi eppure aspetta che una risoluzione di produca. Dopo il ripetersi di un tale evento prorompe magari dicendo: Vorrei che tenesse conto che c’è un garage! Con un tale atteggiamento si affida alla sensibilità e alla ragione dell’altro. A essere posto in essere in questo caso è una considerazione in negativo. A non risultare espresso è alcunché poiché a essere richiamato è l’altro in quella che è ritenuta una universalità nella quale non appare possibile non potersi incontrare. Con il negare quanto non può essere mantenuto costui fa appello a quella sensibilità e ragione universali nelle quali appunto riconoscersi così come portatrici di un essere.

Francesco D’Andrea e Chiara De Mizio, III C, da una lezione del prof. Addona

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