giovedì 15 novembre 2018

Il seduttore

Kierkegaard si occupa anzitutto del lato estetico, basato sui sensi, dal quale deriva la seduzione e per la quale prende a modello il famoso don Giovanni che tuttavia fatica a considerare come un vero e proprio seduttore perché questi non rientra in nessuna determinazione etica, in nessuna categoria morale ma ne resta fuori, non ponendosi un tale problema. Una morale e quanto a questa corrispettivo compaiono solo quando da parte dell’individuo vi è una scelta meditata. Questo filosofo ritiene, infatti, che per essere un seduttore occorra una responsabilità e una consapevolezza costanti poiché in mancanza di questi elementi e quindi in assenza di una legge non può esserci reato alcuno né emergere un giudizio di condanna a meno che non vogliamo intendere quale una colpa non avere adottato quella scelta. Soltanto colui che sa di porre in essere quei termini per ottenere un obiettivo può essere considerato colpevole dato che lo ha studiato, lo ha calcolato, lo ha, appunto, premeditato. La seduzione sensuale si presenta, nel caso di quello, legittima, perché accade senza che ad intervenire sia una riflessione. Quella, tuttavia, non appare potere essere tollerata perché annienta, in uno, sia la personalità di chi è sedotto e sia quella del seduttore. A don Giovanni questa coscienza manca, perciò non può essere considerato un seduttore. Egli non è un ingannatore che calcola l’effetto dei suoi intrighi ma desidera e questo desiderio ha un effetto seduttore; è per questo che egli seduce. Gode il soddisfacimento del desiderio ma non appena l’ha goduto, cerca un altro oggetto, e così all’infinito: da ciò scaturisce un limite che va a determinare una crisi d’identità nell’individuo similmente a colui che non applica la ragione ma punta soltanto alle particolarità. Costui, praticamente, non arriva a percepire un proprio essere; non sa chi è, per dirla in termini diversi.  Per essere un vero seduttore gli manca il tempo: non ha una continuità, né arriva a dispiegare un proprio essere. Si realizza, infatti, in una immediatezza di eventi. Un tempo, arriva, ammesso che sia posto in essere in una certa continuità, a essere frantumato. In altre parole, non si realizza come sé perché non mette in rapporto ciò che fa ad un riferimento. A venire meno è propriamente il soggetto delle predicazioni. A lui manca una identità e una personalità al di là di quella che perviene a essere recepita da una sommatoria di realizzazioni delle quali si sente investito. Egli, dunque, vive la seduzione come un presente che recepisce portato da una sensualità che puntualmente trasmette e grazie a ciò ottiene l’effetto e però, come già emerso, senza calcolarlo.

Lezione del prof. Addona riportata da Giusy Perugini, III C.

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