giovedì 6 dicembre 2018

MARX È ANCORA TRA NOI?

Analizzando la figura dell’operaio, Marx afferma che questi, durante il processo produttivo, si estranea dalla merce che produce, in quanto non la genera per se stesso né sa che pezzo è né chi lo ha ideato né a quali altri pezzi sarà assemblato. Potremmo paragonare questo processo di alienazione che interessa l’operaio a quello posto in essere da un docente, che nel momento in cui spiega senza mostrare come il fatto emerge, produce anch’egli un lavoro che estrania e che si riversa sull’alunno, benché quello possa sembrare soddisfatto di avere propinato qualcosa che giunge a ritenere come cultura e al punto magari da farlo sentire anche piuttosto importante. Un discorso simile appare interessare quel discente che si compiacesse di vedersi riconosciuto con un voto il lavoro profuso ad acquisire una siffatta mole di elementi. Non dunque una cultura pagante per se stessa ma conoscenze alle quali arriva ad essere assegnato un riconoscimento.

La seconda fase di alienazione che Marx analizza è quella che interessa l’operaio stesso ovvero il suo essere. Portando avanti un lavoro estenuante oltre che estraniante, l’operaio arriva a negare se stesso che non trova infatti corrispettivo alcuno per rilevarsi al di là di tanto. Se l’unico posto per affermare se stessi è per gli operai fuori dall’ambito lavorativo pure in una tale situazione non trovano alcunché per cui realizzarsi. Sollo allora, dunque, che risulti possibile riconoscersi come esseri e non quali macchine produttive ci si può incontrare con gli altri per un rapporto intersoggettivo. Ove tanto non accada come appare possibile altresì riscontrare in alcuni impiegati, i quali pur non svolgendo un lavoro interamente alienante pure non riescono a trovare se stessi per elementi che possano supportarli quali soggetti riconoscibili. Proprio costoro avvertono fortemente il bisogno di evadere, di viaggiare, di esprimersi in superficialità ovvero di recuperare apparenze nelle quali immergersi quasi rappresentassero la realtà nella quale ritenere di vivere. Essi sembrano autoconsiderarsi con il porre in essere quanto anche da altri portato avanti. Tanto appare rappresentare un loro meccanicismo al di là della macchia alla quale pure non sono legati. Tornando all’esempio dei professori appare evidente che se costoro non fossero soddisfatti del lavoro svolto giungerebbero, da un lato, a negare se stessi e, dall’altro, fatto ancora più grave se tanto pure possa risultare, a risucchiare gli alunni in un tale prodotto che, esterno, non potrebbe che arrecare, almeno in larga parte, fastidio.

Un altro grande problema della società è rappresentato dall’individualismo, contrario a quell’umanità nella quale a rientrare sono gli altri. Umano, infatti, è colui che percepisce l’altro uomo e spesso ogni altro essere come se stesso, immedesimandosi fino a compiangerlo in caso venga a trovarsi in una situazione spiacevole.

Un’altra contrapposizione che si viene a creare consequenzialmente alla mercificazione dell’operaio è quella rispetto ad altri uomini. Allora che l’unico obiettivo dell’operaio sia quello di lavorare per guadagnare il sostentamento necessario alla propria esistenza egli è visto restare totalmente estraneo al rapporto con gli altri. Egli non trova né tempo né elementi per potersi relazionare al di là dunque di quello stretto ambito esistenziale nonché sulla famiglia incentrato, non dandosi possibilità di allargamento alcuno di quelle relazioni che arrivano ad interessare un essere tra gli altri che consapevolmente e liberamente si esprime. La merce, ove a non darsi sia una coscienza di presentarsi per essere, diventa il metro con il quale ci si valuta e così tanto padrona della vita dell’uomo al punto che, se qualcuno vede che qualcun altro ha qualcosa in più di lui, rincorre questo dal quale ritiene dipendere una sua consistenza perdendo proprio il suo essere più peculiare pura.

LEZIONE DEL PROF ADDONA RIPORTATA DA CHIARA DE MIZIO, IIIC


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