giovedì 6 dicembre 2018

IL DIVERSO

Il diverso è ritenuto pericoloso, poiché comportandosi in modo a noi non noto, risulta propriamente un’incognita da cui un probabile pericolo. Il non conoscere, quindi, porta a ritenere quello stesso un nemico. Da quanto non consueto ci si può aspettare che possa derivare, infatti, qualsiasi cosa.

Prendiamo in esame l’arrivo di un naufrago su un’isola. Costui quando non ritenuto un predone appariva comunque necessitare di cibarsi e tanto non poteva avvenire che a spese del territorio abitato. Il discorso si faceva più consistente se ad arrivare fosse stato un gruppo nonché in possesso di alcune armi scampate alle peripezie. Il pericolo veniva a essere rappresentato dalle forze in campo con quanto potessero predare mettendo a rischio la vita stessa di alquanti abitanti. Ecco allora l’importanza della presentazione e della richiesta di essere accolti non come nemici ma uomini da ospitare. Ad intervenire, a questo punto, era la ritenzione di tali elementi con le traduzioni del caso. Qualcuno poteva spacciarsi, infatti, come re di qualche territorio lontano spinto, in quei luoghi, dai flutti. Si trattava di scoprire i millantatori e valutare i vantaggi derivanti da una tale ospitalità. Tanto ancora a prescindere da un discorso da una umanità portato.

Affrontiamo ora il rapporto tra i primi cristiani e gli altri cittadini dell’antica Roma. Quelli proprio riunendosi nelle catacombe per organizzarsi destavano sospetti di muoversi diversamente. I Romani pagani si chiedevano ovviamente se stessero per tramare qualcosa ai loro danni, ritenendo magarsi che non vi fosse motivo di nascondersi, essendo liberi di praticare la loro religione così come accadeva a tutte le altre tollerate a Roma. Sarebbero stati considerati pericolosi per lo stato se non avessero pagato i tributi o se avessero arrecato danno all’Impero. I Cristiani credevano nell’uguaglianza essendo tutti figli di Dio ed aspettavano l’arrivo di quel regno anche se Gesù aveva precisato che il suo fosse il regno dei cieli. Proprio una tale Fede arrivava a dividere i valori di un mondo dall’altro.

I Cristiani allo spirituale associavano il materiale. Non risultava, infatti, concepibile che gli uomini potessero dividersi in padroni e schiavi. Proprio l’opposizione a esso stato, sulla schiavitù incentrato, destava preoccupazione agli ottimati e a tutti coloro che avevano da perdere da una scomparsa di quella.

Allora che si arrivava in uno Stato o in una Regione per convertire le persone, chi tanto predicava veniva dichiarato nemico da coloro che avevano da perdere da tali concezioni. Chi entra in uno Stato senza documenti o permessi dovrebbe essere considerato similmente un nemico? Dipende dai riferimenti. Se a essere considerata è la ricchezza prodotta dai nuovi venuti questi sono accolti favorevolmente. Diversamente sono visti da coloro ai quali si vedessero sottratto un lavoro o occupate da quelli posizioni quali che possano risultare. Dato uno stato chiuso e con le sue leggi, queste dovrebbero essere applicate fermando gli arrivi e tutelandosi, quindi, da questi. Potrebbe accadere l’esatto contrario allora che queste stesse prevedessero un ingresso magari sottoposto a talune disposizioni. Uno Stato potrebbe andare a prelevare persone senza aspettare che rischiassero la vita in mare per giungere sul territorio di quello. Si tratta di risalire a motivazioni e condizioni tramite una indagine critica su una logica incentrata fino a scoprire se una tale logica venga ad essere aggirata o semplicemente non considerata.

La filosofia già dall’età classica, quindi da duemila e cinquecento anni almeno, è riuscita a fare emergere la figura dell’uomo, che per essa si connotasse, quale apolide. Per una tale concezione risultava superato il confine netto rappresentato dalla compagine statale solo nella quale si poteva sentirsi garantiti. Da esso stato infatti dipendevano la vita e la stessa libertà. Fuori da esso non si poteva che essere alla mercé di chiunque disponesse di una forza per imporsi fino a rendere schiavi coloro che non potessero difendersi. Un posizionamento diverso non può che risultare per una ragione nella quale ritrovarsi con quelli che cessano di dispiegarsi per avvertire sensibili e in risposta ad istinti per esplicarsi per essa universalità che non appare necessitare di confini e relative tutele statali. Al di là di tanto a esprimersi sarebbe un esistente che non si affiderebbe ad individuazione alcuna. Ciò non lo esimerebbe tuttavia dalle relazioni che andassero a prodursi così come di fatto è visto accadere. Proprio da tanto appare mergere la differenza di fondo tra una libertà filosoficamente ovvero scientificamente riconosciuta ed una che non si connettesse a riferimento alcuno, fatto questo che non porterebbe ad identificare quella ma a recepirla come ogni altro elemento ancorché nel suo non sentirsi vincolata ad alcuno di questi.

Oggi al posto dei vari gruppi rivali, se non avversari o solo estranei, a presentarsi è l’uomo che tra l’altro è tutelato da riconoscimenti e convenzioni internazionali almeno fino a quando queste riescono a far sentire la loro voce. Si tratta, dunque, di superare le antiche divisioni e di applicare la considerazione di soggetto facendola combaciare con quella di cittadino. Un tale passaggio non può che risultare ancora politico e, prima ancora, filosofico. Si tratta di far combaciare mentalità scientifica, su una umanità incentrata, e potere. Ciascuno deve chiedersi quanto è disposto a lasciare all’altro di fronte e quindi a colui che arriva. Su cosa fondare il proprio essere allora che questo sia almeno intravisto tra quanto richiesto dai vari impulsi.

Fino a che punto, in ultimo, si è disposti a far partecipare gli altri del proprio stato e delle proprie sostanze allora che ciò tenga il posto di quel soggetto che si constata parte dell’altro in una umanità su una sensibilità incentrata e da una ragione riconosciuta?

Nessun commento:

Posta un commento