martedì 29 maggio 2018


BLOG- NOBILTÀ E BRUTALITÀ...
 IL BRUTO ESISTE ANCORA OGGI?
COME ATTUALIZZARE LA MORALE DI KANT

Analizzando il seguente passo di Kant riguardante la legge morale, all'interno della Critica della ragione pura pratica: “La prima veduta, [il cielo stellato] di un insieme innumerabile di mondi, annienta, per così dire, la mia importanza di “creatura animale”, che dovrà restituire la materia di cui è fatta al pianeta (un semplice punto nell'universo), dopo essere stata dotata per breve tempo (non si sa come) di forza vitale. La seconda, [la legge morale] al contrario, innalza infinitamente il mio valore, come valore di una “intelligenza”, in grazia della mia personalità, in cui la legge morale mi rivela una vita indipendente dall'animalità, e perfino dall'intero mondo sensibile: almeno per quel che si può desumere dalla destinazione finale della mia esistenza in virtù di questa legge; la quale destinazione non è limitata alle condizioni e ai confini di questa vita, ma va all'infinito.”, possiamo dare una definizione di “nobile”, ricavabile per converso da quella di “bruto”, “plebeo”, ossia di un uomo rozzo dei modi, che non ha il senso dell'altro, magari individualista, che tende ad essere violento ed aggressivo e, relazionandosi con una persona, non ne percepisce quell'Io. Il “nobile”, dunque, è il soggetto che, per usare ancora le parole di Kant, si eleva INFINITAMENTE, che si distingue dagli animali per la ragione (che il filosofo definirà in modo forse ancora non interamente adeguato come intelligenza) e riesce a sopprimere o a contenere i propri istinti, sacrificando quindi quelle che arrivano a concretizzarsi come richieste che potrebbero portare ad un proprio e particolare utile. il bruto invece non riesce ad elevarsi ad un piano più generale nel quale l’altro possa essere ritrovato ed agisce, invece, mosso unicamente da primitive passioni ed istinti, i quali possono spingere anche alla violenza più marcata. Non diverso il discorso si presenta allora che a intervenire sia una paura. Questa infatti si configura sulla stessa linea benché all’opposto della volontà che insegue interesse in positivo. Allora che quella invade l’esistente costui tende a conservarsi sacrificando ogni cosa che arriva a prospettarsi di fronte. L’azione eroica invece, che possiamo ritenere quale corrispettiva di una “nobiltà”, sacrifica appunto quanto l’altra pone in essere a tutela e conservazione dell’esistente. Il non comportarsi, quindi, esclusivamente da uomo-animale proietta il soggetto verso quel comportamento che può essere detto sia eroico che nobile. Chi si sente investito da una tale spinta universale, per usare ancora la scoperta kantiana non si sforza di superare quella paura per la quale si abbasserebbe da soggetto universale ad animale particolare. Sia in pace dunque che allora che purtroppo si trovavano in guerra coloro che avvertono quell’imperativo, che rappresenta la base della morale kantiana, non arrivano ad anteporre la paura a ciò che ritengono da doversi esprimere in quanto valido universalmente. 
Con questo passo, dunque, il grande Kant arriva ad individuare scientificamente il percorso possibile ad un soggetto che per anni è stato vagamente ritenuto, per comportamenti similari, nobile. Una critica tanto importante quindi da far emergere in termini dimostrati in un sistema quanto da molti ritenuto e seguito ancorché non rispondente a siffatti elementi ma a considerazioni anche storiche o di discendenza per le quali erano ritenuti “diversi” da quelli che si comportavano solo in funzione della propria esistenza, meritandosi, sicuramente esageratamente, l’appellativo di “canaglia”. Quei cani infatti che, abbandonati, arrivano a formare un gruppo, si tuffano sulla preda sapendo che da tanto dipende la loro sopravvivenza non disponendo di altro e avendo digiunato per giorni.

Possiamo da tanto constatare l’importanza di uno studio sulla morale e di una esplicazione di questa che arriva a sottrarre quanto da alcuni appropriato. Nel caso in cui, ad esempio, una persona si trovasse in pericolo, il bruto non si accinge a salvarla dando la precedenza alla propria sicurezza. Diverso il discorso per il quale interviene colui che avverte la spinta che caratterizza il dovere e che si proietta in quell’universalità nella quale supera esso esistente limitato e “minimale” rispetto alla grandezza riconosciuta dell’universo fisico. La morale infatti, abbiamo notato, passa anche o soprattutto attraverso il sacrificio di quanto potrebbe risultare tranquillamente giovevole. Valga un esempio molto limitato di un ricco che donasse dieci euro a un povero. Proprio perché non si priva di una parte considerevole di sé, il suo gesto,  benché da apprezzare, non può essere considerato a rigore “morale”. Ritroviamo infine due distinti operati: quello rispondente all’animale (biologico), ossia vivere rispondendo ai propri stimoli per “restituire nuovamente al pianeta la materia con la quale è stato formato”; quasi opposto quello morale, per il quale si manifesta quell’universalità che porta l’uomo ad inserirsi nell’intero universo, non potendosi quand’anche lo volesse, considerarsi inferiore. Cerchiamo ora di attualizzare...possiamo ritrovare ancora oggi le figure del bruto e del nobile? Affidiamo una tale riflessione a tutti i giovani che hanno potuto recepire osservazioni a riguardo sia relativamente a comportamenti di coetanei che di adulti.
Anche questo processo può essere definito cultura, oltre al recupero della trasfigurazione classica della realtà.


CHIARA DE MIZIO, IIC

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