giovedì 3 maggio 2018

LA LEGITTIMA DIFESA

Nello Stato italiano, stato di diritto (liberale, democratico e socialista) secondo la Costituzione, la persona è SACRA e INVIOLABILE e non può essere perseguita se non nei termini e nei modi previsti dalla legge. La vita dunque, ha la precedenza su tutto. Tanto premesso, un ladro che entrasse in una casa non può essere ucciso, per recuperare la refurtiva o impedirla. Tra i beni e la vita lo Stato tutela la vita che ritiene molto più importante. Proprio però per il fatto che la vita è sacra e inviolabile tale risulta anche quella del cittadino e degli altri familiari o delle persone comunque presenti. Ove questi “innocenti” rischiassero di perdere la vita e si trattasse di scegliere, allora e solo allora è possibile e purtroppo da ritenere “doveroso” difendersi, anche se ad essere sacrificata è ancora una vita. Su siffatte premesse appare evidente che, ove si potesse, quella vita andrebbe risparmiata e conservata. Ove, infatti, si potesse fermare colui che attenta alla vita di qualcuno senza procedere nell’atto che possiamo ritenere finale, bisogna porre in essere ogni atto volto a tutelare senza uccidere. Proprio tanto rappresenta la “ratio” che sottostà alla legittima difesa. Si vede bene che il problema “prima” che interessare la giurisprudenza è affrontato dalla filosofia, che potremmo ritenere anche, specificamente, filosofia del diritto. Si tratta infatti di riconoscere e di applicare una logica che arriva a essere legata a concezioni di ordine filosofico, ovverosia razionale per fare emergere una validità degli assunti e di quanto a questi coerentemente consegue.

Ogni qual volta dunque si oltrepassa il limite così come delineato si eccede nella difesa e quindi si transita nell’illecito, ovvero in quello che la legge prevede e contempla come reato. Si vede bene che ove le condizioni e le concezioni fossero diverse potrebbe emergere anche il contrario. Allora infatti che fossero la proprietà o l’abitazione a essere ritenute inviolabili, a presentarsi sarebbe una visione contraria. Su un tale assunto potrebbe essere giustiziato o sacrificato a seconda degli ulteriori punti di vista colui che violasse un tale “sacrosanto” diritto. Da tanto emerge l’importanza delle assunzioni ovvero dei termini per i quali si opera. A presentarsi non è quindi un oggetto così come un assoluto di fronte che, in quanto tale, già per Kant era inconoscibile ma quanto ritenuto che risulta corrispettivo di quel fenomeno in esse condizioni. Speriamo almeno di avere fatto emergere i termini per un giudizio avendo fatto leva su una indagine filosofica che ancora una volta non possiamo che rilevare nella sua enorme importanza quantomeno chiarificatrice.

Una lezione del prof. Addona riportata da Chiara De Mizio II C.                                                                                          

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