mercoledì 9 dicembre 2020

La matematica come convinzione.

Portare avanti un discorso riguardante la matematica significa, in primo luogo, muovere dalla individuazione di esso numero che quella, primamente, rappresenta e quindi passare alla definizione dei funtori che usa, a cominciare dal più e dal suo corrispettivo opposto il meno e quindi dalla moltiplicazione e dal suo inverso dalla divisione costituito, il tutto incentrato su una identità da ricostruire data da una uguaglianza.

Alcuni ritengono che il numero sia un ente reale razionale. Se con essa quantità si intendono elementi di un mondo allora esso numero non può essere ritenuto reale. Diverso i discorso non appena a risultare interessata sia già una astrazione. Allora, invece, che reputato razionale si troverebbe ad essere posto in essere da una ragione quale un suo elemento. Benché richiamante sia una esperienza che essa ragione appare da intendersi piuttosto quale un ente convenzionale adoperato dalla comunità per esprimere un concetto intersoggettivo rappresentativo di una quantità data, appunto, da un numero che giunge, altresì, a ripetersi in una serie, dopo magari essere stato rilevato in una associazione empirica dalla quale si è poi staccato per procedere autonomamente nella significazione fornita ad esso da quello che è arrivato a configurarsi quale un sistema. La matematica è diventata scienza, possiamo, ritenere, nel momento stesso che è stata prodotta la serie muovendo dall’uno che sommato a se stesso ogni volta ha ricevuto un nome così che è stato possibile pervenire a riscontri suffragati anche dall’operazione contraria.

Si perviene in esso ambito dunque alla certezza che ciò che è identificato con quello che è detto numero tre sia equivalente a quella determinata quantità non solo così come configurata ma quale ottenibile dalla regola stessa valida in esso sistema posto in essere. Non, dunque, un qualcosa di assoluto, ché di questo nulla può dirsi, ovvero non alcuna predicazione, la quale riposa, infatti, su altro, per essere prodotta, ma un riconoscimento intersoggettivo ovvero esso qualcosa, così come quantità, che voglia anche essere stimata razionale nonché reale, ritenuto valido da alquanti e quindi per tutti gli esseri razionali non appena pervenuti a recepire quell’impianto costituito risultante tale per una comunicazione.

Esso sistema comunque non può essere assunto quale traduttivo di una natura e meno che mai di un universo. Una tale costruzione, infatti, così come pensata non può pretendere di risultare corrispettiva di un qualcosa, il quale, così come esterno, non arriva a essere conosciuto negli stessi termini. Ricordo a proposito un famoso professore di matematica di una prestigiosa università che si scandalizzava del fatto che osservazioni o, più specificamente, esperimenti non fossero interamente collocabili in leggi matematiche. A scandalizzarmi ero io e al contrario allora che alle elementari non riuscivo a concepire che la lunghezza di un tavolo potesse corrispondere esattamente ad un numero. Forse solo una magia, benché giammai richiamata, avrebbe potuto fare in modo che tanto accadesse.

Compiendo un esperimento, la scienza moderna approda ad una formula matematica per pervenire ad una disposizione rintracciabile di essi termini appunto perché misurati nonché in una relazione. Con un tale apparato ci si accinge, altresì, a recepire un procedimento. Appare impossibile che la realtà possa essere letta interamente con gli strumenti dalla matematica approntati. La misurazione, infatti, non rappresenta altro che un sistema che si approccia ad un altro sistema nemmeno tuttavia pensabile già come tale.

Allora, altresì, che usiamo un sistema decimale non potremo che ottenere risultati da questo dipendenti, ad emergere cioè non saranno quantomeno i centesimi. Nel momento che ne approntiamo uno centesimale, lasceremo fuori quanto esso non può misurare e così via. Noi non avremo, dunque, mai dati certi ed inconfutabili, perché ci sarà sempre un margine di errore e di imprecisione rappresentato da quanto resta fuori, ammesso che siamo riusciti a far rientrare l’altro. Questo infatti si dispiega ancora quale un esterno e, come tale, non conoscibile che per quanto approntato.

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