La conoscenza, che
secondo il pensiero di Aristotele comincia dalla sensazione, trova il suo
coronamento nella scienza che è conoscenza in senso universale ovvero relativa
all’essere in quanto tale e non a particolarità o ad accidenti. A subentrare
alle sensazioni che potremmo ritenere semplici è la memoria, per la quale a
formarsi sono le esperienze. Ad emergere poi, anche se non sempre in termini
chiari e distinti, sono una tecnica e un’arte, la quale ultima spesso prende il
posto della scienza.
Oggi, riteniamo, per lo
più, che la tecnica sia un’organizzazione di esperienze non individuata nei
suoi elementi portanti e, soprattutto, non insegnabile facendo leva su termini
comprensibili perché affidati questi ad una ad una pratica. Una spiegazione,
infatti, non può che far leva su fattori individuati e razionalmente collegati.
Si parla di arte allora che si perviene a cogliere un qualcosa di ottimale se
non di sublime facendo leva su termini, i quali, però, ancora non risultano
interamente espressi. Noi riteniamo scienza, invece, quella conoscenza
incentrata su termini misurati al punto che possa ripetersi il fenomeno
riproducendo quei parametri, portati magari da regole anche più o meno
complesse. Essa scienza è comunicabile e, quindi, insegnabile.
L’esperienza non
corrisponde, comunque, alla scienza: da una serie di osservazioni può non
emergere una spiegazione del fenomeno. Da essa possono derivare tentativi o
anche spiegazioni particolari che però non escludono il caso che arriva ad
interessarle in una parte molto ampia.
Si tratta, soprattutto
nel caso di Aristotele, di individuare la differenza tra scienza e arte che
però si presenta molto sottile e spesso sfuggevole. L’artista e lo scienziato appaiono
differenziarsi in primo luogo per il fatto che l’arte è un’organizzazione,
ancorché risolutrice e, possiamo ritenere, universale senza, però, una misurazione
degli elementi. Questi, invece devono cessare di configurarsi quali variabili.
Proprio un tale procedere va a connotare la scienza, la quale risulta
incentrata su termini definiti e sulle relazioni osservate, a propria volta
misurate. Aristotele arriva talvolta a sovrapporle o, più specificamente a
scambiarle.
Questo filosofo, anche se
intreccia spesso i termini, perviene a ritenere arte e scienza per
l’universalità che esprimono al punto che i risultati non risultano aleatori o affidati
al caso o ancora a una particolarità da esperienze portata. Egli considera la
scienza come quella conoscenza dell’essere che muovendo dall’esperienza
perviene a quella universalità per la quale non possono che risultare quegli
effetti e non altri. Diverso il discorso incentrato su osservazioni che lascino
fuori altro da cui, appunto, risultati non contemplati. Gli effetti, in questo
caso, risponderebbero a congiunture.
Una lezione del
prof. Addona riportata da Alice De Stasio, IC
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