lunedì 3 maggio 2021

ARISTOTELE, I GRADI DELLA CONOSCENZA

 

La conoscenza, che secondo il pensiero di Aristotele comincia dalla sensazione, trova il suo coronamento nella scienza che è conoscenza in senso universale ovvero relativa all’essere in quanto tale e non a particolarità o ad accidenti. A subentrare alle sensazioni che potremmo ritenere semplici è la memoria, per la quale a formarsi sono le esperienze. Ad emergere poi, anche se non sempre in termini chiari e distinti, sono una tecnica e un’arte, la quale ultima spesso prende il posto della scienza.

Oggi, riteniamo, per lo più, che la tecnica sia un’organizzazione di esperienze non individuata nei suoi elementi portanti e, soprattutto, non insegnabile facendo leva su termini comprensibili perché affidati questi ad una ad una pratica. Una spiegazione, infatti, non può che far leva su fattori individuati e razionalmente collegati. Si parla di arte allora che si perviene a cogliere un qualcosa di ottimale se non di sublime facendo leva su termini, i quali, però, ancora non risultano interamente espressi. Noi riteniamo scienza, invece, quella conoscenza incentrata su termini misurati al punto che possa ripetersi il fenomeno riproducendo quei parametri, portati magari da regole anche più o meno complesse. Essa scienza è comunicabile e, quindi, insegnabile.

L’esperienza non corrisponde, comunque, alla scienza: da una serie di osservazioni può non emergere una spiegazione del fenomeno. Da essa possono derivare tentativi o anche spiegazioni particolari che però non escludono il caso che arriva ad interessarle in una parte molto ampia.

Si tratta, soprattutto nel caso di Aristotele, di individuare la differenza tra scienza e arte che però si presenta molto sottile e spesso sfuggevole. L’artista e lo scienziato appaiono differenziarsi in primo luogo per il fatto che l’arte è un’organizzazione, ancorché risolutrice e, possiamo ritenere, universale senza, però, una misurazione degli elementi. Questi, invece devono cessare di configurarsi quali variabili. Proprio un tale procedere va a connotare la scienza, la quale risulta incentrata su termini definiti e sulle relazioni osservate, a propria volta misurate. Aristotele arriva talvolta a sovrapporle o, più specificamente a scambiarle.

Questo filosofo, anche se intreccia spesso i termini, perviene a ritenere arte e scienza per l’universalità che esprimono al punto che i risultati non risultano aleatori o affidati al caso o ancora a una particolarità da esperienze portata. Egli considera la scienza come quella conoscenza dell’essere che muovendo dall’esperienza perviene a quella universalità per la quale non possono che risultare quegli effetti e non altri. Diverso il discorso incentrato su osservazioni che lascino fuori altro da cui, appunto, risultati non contemplati. Gli effetti, in questo caso, risponderebbero a congiunture.

Una lezione del prof. Addona riportata da Alice De Stasio, IC

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